Abstract
Il contributo si propone di indagare i molteplici fattori, anche di carattere istituzionale, dai quali traggono origine gli errori giudiziari considerati elementi ineludibili di ogni sistema processuale. L’opera, oltre ad analizzare l’influenza che il processo penale mediatico può determinare sul libero convincimento del giudice, esamina alcuni casi emblematici di condanne pronunciate su false confessioni, errata percezione di comunicazioni intercettate, testimonianze inaffidabili e ricognizioni scorrette senza tralasciare gli errori commessi sulla scena del crimine originati, nella maggior parte delle ipotesi, da inesperienze o disattenzioni del personale investigativo. Vengono individuati, in una prospettiva de iure condendo, i possibili rimedi finalizzati ad evitare condanne o imputazioni ingiuste o, quantomeno, a ridurre i drammatici effetti che gli errori giudiziari provocano, in via immediata e diretta, sulla sfera personale e patrimoniale della vittima di una errata amministrazione della giustizia. Infine, l’A. si sofferma sugli strumenti riparatori previsti dal sistema giuridico italiano analizzando non soltanto la loro funzione ma anche i criteri che il giudice deve considerare nella quantificazione dell’indennizzo.
Parole chiave errori giudiziari; imputazioni ingiuste; condanne ingiuste; riparazione dell’errore giudiziario; riparazione per l’ingiusta detenzione
Abstract
The paper aims to investigate the multiple factors, including institutional ones, that give rise to judicial errors originate, considered inescapable elements of any trial system. In addition to analysing the influence that the criminal process through the media can have on the judge’s free conviction, the paper examines a number of emblematic cases of unjust convictions based on false confessions, misinterpretation of intercepted communications, unreliable testimony and incorrect reconnaissance, without neglecting the errors committed at the scene of the crime, which are in most cases due to the inexperience or carelessness of investigative personnel. In a de iure condendo perspective, possible solutions are explored in order to avoid wrongful convictions or charges or, at least, to reduce the dramatic effects that judicial errors produce, in an immediate and direct way, on the personal and patrimonial sphere of the victim of a wrong justice administration. Finally, the author focuses on the reparative instruments provided by the Italian legal system, analysing not only their function but also the criteria that the judge has to consider when quantifying the compensation.
Keywords miscarriages of justice; unjust charges; wrongful convictions; compensation for miscarriage of justice; compensation for wrongful imprisonment
Sommario: Introduzione; 1. Gli errori commessi sulla scena del crimine: il sopralluogo; 2. Gli errori nell’ascolto delle intercettazioni: il caso Massaro; 3. Le distorsioni della memoria: l’oblio del ricognitore; 4. La menzogna del testimone e la declaratio contra se: il caso Gulotta; 5. Il processo mediatico e i fattori istituzionali come causa dell’errore giudiziario; 6. Gli strumenti riparativi delle imputazioni e delle condanne ingiuste; Conclusioni; Bibliografia.
Introduzione
La tradizione filosofica sostiene che ogni individuo è portato a commettere errori di ragionamento che rappresentano il frutto di una distorsione delle realtà provocata dai cosiddetti bias cognitivi2. L’origine di un errore può persino incrociarsi con lo stesso modo di essere di chi sceglie di esprimere un certo giudizio spingendosi ad immaginare come vero quel che non è ancora chiaro e distinto per l’intelletto. L’errore, dunque, è strettamente collegato alla sfera di volizione ed è considerato un elemento inevitabile di ogni azione umana che nella maggior parte dei casi non produce conseguenze o è facilmente correggibile3. Nel processo penale, invece, l’errore porta con sé conseguenze deleterie sia per la vittima incolpevole che per l’intera collettività rappresentando l’esempio tipico della fallibilità umana4. Con l’espressione errore giudiziario si fa riferimento ad un’anomalia del processo, una patologia, un risultato processuale contrario a giustizia, a causa di un elemento o di una serie di elementi che, infiltrandosi nel contesto processuale, ne alterano il fine esterno rappresentato dalla condanna del colpevole e dall’assoluzione dell’innocente5. Sull’assunto che gli errori giudiziari costituiscono un dato universale di ogni sistema processuale, e attesa l’impossibilità di eliminarli radicalmente, ciascun ordinamento, oltre a prevedere che la procedura giudiziaria possa non essere in grado di assicurare la conformità della sentenza al fine di giustizia6, ha predisposto dei meccanismi riparatori idonei a garantire un ristoro, a titolo di indennizzo o risarcimento, a chi abbia subìto una condanna ingiusta. Dopo un lungo percorso legislativo e giurisprudenziale, l’ordinamento italiano riconosce oggi la riparazione per l’ingiusta detenzione (artt. 314 e 315 c.p.p.), quale derivazione del diritto riconosciuto dall’art. 24, comma 4 della Costituzione, e la riparazione dell’errore giudiziario (artt. 643-647 c.p.p.) 7 che trova il suo fondamento normativo anche negli artt. 2 e 13 della Costituzione8. Non rientrano nell’ambito applicativo della riparazione per ingiusta detenzione (art. 314, comma 1 c.p.p.) le ipotesi di “ingiusta imputazione” a cui fa seguito una sentenza di assoluzione, perché si ritiene che solo l’erronea affermazione della responsabilità sia idonea a produrre delle conseguenze dannose per l’imputato.
Per molti anni il tema dell’errore giudiziario è stato posto ai margini del dibattito giuridico europeo e nazionale: soltanto di recente la dottrina ha posto maggiore attenzione sulle cause e sui danni cagionati dalle condanne e imputazioni ingiuste al fine di ricercare dei possibili congegni rimediali9. Sotto questo profilo appare evidente l’esigenza, attraverso l’analisi di vicende concrete, di elaborare proposte di riforma dirette ad apportare dei correttivi a taluni istituti processuali caratterizzati da maggior rischio di errore in modo da ridurre al minimo il pericolo della condanna di un innocente.
1. Gli errori commessi sulla scena del crimine: il sopralluogo
Gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria sono i primi soggetti ad intervenire sul locus commissi delicti. Il loro compito fondamentale è quello di preservare lo stato dei luoghi attraverso la raccolta di tutti gli elementi necessari per individuare il possibile autore del reato e perseguirlo. In quest’ottica, un’attenzione particolare va rivolta al sopralluogo giudiziario caratterizzato da due fasi di intervento. La prima si concretizza nel compimento di operazioni dirette a cristallizzare la scena del crimine e ad evitare la dispersione delle tracce pertinenti al reato prima dell’intervento del pubblico ministero; la seconda, cioè quella di investigazione tecnico - scientifica (comunemente chiamata di CSI - Crime scene Investigation), si sostanzia, invece, in attività più specialistiche orientate a fissare l’esatta collocazione spaziale delle tracce, a descrivere quanto percepito ed apprezzato, a ricercare tutte le tracce inerenti al reato ed, infine, a repertare quelle asportabili10. È in questa delicata fase che gli organi investigativi devono prestare la massima attenzione nella individuazione e nella raccolta delle prove, perché si corre il pericolo di perdere informazioni utili non più recuperabili in dibattimento, soprattutto se si tratta di operazioni tecniche non ripetibili, con il rischio di compromettere la direzione delle indagini e, di conseguenza, l’intero procedimento penale fino a coinvolgere attori innocenti11. La problematica principale si rinviene nella lacunosità della disciplina contenuta nell’art. 354 c.p.p. (rubricato «Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro»)12, in cui comunemente vengono fatte rientrare questo tipo di operazioni, perché da un lato la norma non detta regole precise sulle modalità di svolgimento degli accertamenti13 finalizzate a garantire la genuinità dell’elemento di prova raccolto e, dall’altro, non prevede adeguate garanzie nei confronti dell’indagato14, con la conseguenza che risulta rafforzato il rischio di errore dovuto al mancato contraddittorio per la formazione della prova. In altre parole, la norma lascia ampia discrezionalità tecnica alla polizia giudiziaria, le cui operazioni sono sottratte da ogni tipo di controllo giurisdizionale con il conseguente potenziamento del rischio di inquinamento probatorio dovuto alla scarsa preparazione tecnica degli agenti ovvero ad un accesso incontrollato di persone sul luogo del delitto, idoneo ad alterare irrimediabilmente la scena del crimine15. Certo è che, pur mancando indicazioni normative da seguire durante la ricerca degli elementi di prova, operare sulla scena del crimine senza lasciare alcuna traccia è un’impresa piuttosto ardua e di conseguenza non può essere escluso, nella maniera più assoluta, il pericolo di contaminazione o alterazione del materiale probatorio16; materiale che può, addirittura, rappresentare il presupposto per l’applicazione di una misura cautelare con il pericolo che si verifichi una ipotesi di ingiusta detenzione. È quanto avvenuto nel noto processo per l’omicidio della studentessa Meredith Kercher (v. infra, pf. 6), in cui il sopralluogo effettuato è risultato inadeguato perché, durante il primo accesso al luogo del delitto, gli operatori non hanno dato importanza al rilevamento del gancetto di chiusura del reggiseno appartenente alla vittima che è stato repertato ben 46 giorni dopo l’omicidio in una condizione di altissima contaminazione ambientale. Ciò nonostante, a seguito della perizia effettuata sulle tracce genetiche presenti sull’oggetto17, la Corte d’assise di Perugia ha condannato Raffaele Sollecito a 25 anni di reclusione. Dopo otto anni di processi e un alternarsi di condanne e assoluzioni la Corte di Cassazione, sull’assunto che l’inquinamento probatorio era dimostrato «dal modo in cui il gancetto era stato trattato, con il passaggio di mano in mano da persone che indossavano guanti di lattice sporchi»18, ha annullato senza rinvio la condanna ritenendo che l’esiguità dei reperti biologici a disposizione non avrebbe potuto comunque garantire l’acquisizione di nuovi e determinanti dati istruttori, sicché il giudice del rinvio non avrebbe potuto accertare la colpevolezza dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio quale presupposto per la pronuncia di una sentenza di condanna19.
La probabilità di commettere errori umani aumenta al crescere del numero dei soggetti che intervengono sulla scena del crimine, i quali, spesso, sono inconsapevoli di trovarsi sul luogo di un reato. Tale situazione può essere determinata, ad esempio, dal primo intervento del personale medico e paramedico, quando opera con l’obiettivo di salvare vite senza le cautele e protezioni necessarie per la salvaguardia delle fonti di prova. Una situazione simile si è verificata nel noto caso dell’omicidio di Melania Rea sul cui corpo è stato ritrovato un capello, poi ritenuto non appartenere alla vittima ma al medico legale che ha operato i primi rilievi sul cadavere. Sempre nella medesima vicenda sono state ritrovate due perline all’interno della busta contenente le scarpe della donna repertate dalla polizia scientifica; successivamente si è ritenuto potesse trattarsi di un elemento decorativo dell’abbigliamento di una delle tante persone presenti sul luogo del crimine. Per qualche istante, questi elementi di prova hanno suggerito nuove piste investigative fino ad ipotizzare che a commettere il delitto fosse stata una donna20.
Attualmente le uniche normative di riferimento per la conduzione delle attività sulla scena del crimine sono rappresentate, oltre che dai protocolli interni al corpo di appartenenza degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria incaricati delle indagini, dalle linee guida internazionali ISO/IEC 1702021 e 1702522. In questa prospettiva, al fine di elevare al massimo gli standard di qualità delle indagini sulla scena criminis, l’Enfsi (European network of forensics science)23 ha formato un gruppo di lavoro che ha elaborato un manuale di buona pratica24 nel quale vengono descritte le procedure da seguire nel processo di intervento sulla scena del crimine per evitare la contaminazione e garantire la corretta conservazione di tracce e reperti. Il mancato rispetto delle linee guida internazionali, però, non determina la inutilizzabilità delle prove raccolte - e di questo è consapevole anche la giurisprudenza25 - ma può soltanto indebolire l’attendibilità del dato e giustificare la sua estromissione dal materiale probatorio su cui fondare la decisione. Dunque, al fine di risolvere le problematiche che si nascondono all’interno del processo di raccolta degli elementi di prova, sarebbe auspicabile un intervento del legislatore finalizzato alla codificazione di regole precise e chiare dirette ad imporre una serie di obblighi di diligenza a coloro che per primi intervengono sulla scena del crimine ed il cui mancato rispetto sia non soltanto fonte di responsabilità disciplinare degli agenti, ma anche causa di inutilizzabilità del dato probatorio acquisito. Tali regole potrebbero essere raccolte all’interno di un vero e proprio codice delle investigazioni forensi in modo da assicurare una maggiore sistematicità e organicità all’intera materia. Una riduzione del rischio di errore potrebbe essere realizzata altresì tramite l’attivazione di corsi di formazione specializzati ovvero attraverso un miglioramento delle attrezzature e dei mezzi in dotazione del personale operante26. Infine, sarebbe utile elaborare ulteriori linee guida affinché tutti i soggetti presenti a vario titolo sulla scena criminis si attivino e lavorino in sinergia apportando ciascuno il proprio sapere scientifico, perché solo lavorando in gruppo risulta più difficile che si formino idee preconcette che sono quelle che portano l’investigatore a vedere tutti gli indizi e le prove sotto la luce della propria ipotesi investigativa tralasciando le altre.
2. Gli errori nell’ascolto delle intercettazioni: il caso Massaro
Nelle indagini preliminari possono sorgere ulteriori margini di errore qualora gli agenti di polizia giudiziaria siano chiamati a trascrivere quanto captato attraverso le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni (artt. 266 ss. c.p.p.). Questo mezzo di ricerca della prova presenta particolari insidie poiché non sempre risulta possibile comprendere chiaramente ciò che gli interlocutori si dicono. Basti pensare alle ipotesi in cui i parlanti utilizzano un linguaggio criptico o dialettale o ai casi in cui la qualità della registrazione sia particolarmente scarsa. A ciò si aggiungono ulteriori fattori tra i quali rileva la inadeguata competenza tecnica degli agenti di polizia giudiziaria chiamati a redigere i c.d. “brogliacci d’ascolto” (art. 268, comma 2 c.p.p.); attività che, secondo la dottrina, richiederebbe una preparazione multidisciplinare e non essere limitata all’ambito prettamente investigativo27. Nonostante siano stati elaborati dei criteri ai quali gli inquirenti devono attenersi nell’interpretazione delle comunicazioni intercettate28, viene rimesso al giudice il compito di vagliare il contenuto della comunicazione attraverso riscontri esterni, soprattutto se sussiste una ambiguità circa il reale significato da attribuire alle parole.
La questione può essere meglio compresa se si analizza la vicenda processuale che ha coinvolto Angelo Massaro, accusato di omicidio, sequestro di persona e occultamento di cadavere e condannato, successivamente, dalla Corte d’assise di Taranto, a ventun anni di reclusione a causa di un errata comprensione di un’intercettazione telefonica non valutata correttamente dal giudice di merito. Una parola in dialetto, pronunciata durante una telefonata, diventa la regina delle prove, che conduce il collegio giudicante ad emettere sentenza di condanna pur mancando il riscontro dei caratteri della chiarezza, decifrabilità dei significati e assenza di ambiguità. Una settimana dopo l’omicidio, parlando al telefono con la moglie, l’imputato aveva detto in dialetto tengo stu muers, intendeva che stesse trainando un oggetto ingombrante attaccato al gancio della sua autovettura. Gli inquirenti, invece, pensarono che stesse trasportando il muert, (così risulta nelle trascrizioni) cioè il corpo della vittima per occultarlo.
L’origine dell’errore che ha portato all’ingiusta condanna si collocava, evidentemente, nella fase delle indagini preliminari, nel momento in cui è stata acquisita l’intercettazione; il travisamento di una parola ha legittimato, dapprima, l’applicazione della custodia cautelare in carcere29 e, successivamente, nonostante le obiezioni difensive, la condanna30. Soltanto dopo ventisei anni, a seguito del processo di revisione, la Corte d’appello di Catanzaro ha assolto il Massaro da ogni accusa31 ritenendolo totalmente estraneo ai fatti sulla base di nuovi elementi di prova presentati dalla difesa che hanno dimostrato che il Massaro, il giorno dell’omicidio, si trovava altrove32.
A parere di chi scrive, nei casi di dubbia intellegibilità del dato fonico sarebbe opportuno che gli agenti di polizia giudiziaria si astenessero dal trascrivere una propria supposizione, mentre sarebbe preferibile indicare le varie alternative, a maggior ragione quando il parlato è in dialetto o in lingua straniera. Orbene, anche nell’ambito delle intercettazioni si corre il rischio di generare errori giudiziari gravi e, dunque, appare sempre più evidente la necessità di un intervento in materia, magari attraverso la creazione di un albo ufficiale degli esperti che certifichi il possesso di specifiche competenze tecniche e psicolinguistiche in modo da garantire una maggiore affidabilità nella comprensione e trascrizione di quanto captato.
3. Le distorsioni della memoria: l’oblio del ricognitore
Il tema dell’errore giudiziario è strettamente collegato alla ricognizione, tipico mezzo di prova con il quale un soggetto esprime un giudizio di identità comparando persone, suoni o cose consimili33 (artt. 213 ss. c.p.p.). Si stima che circa il 72% delle condanne basate prevalentemente sulla ricognizione personale abbiano dato vita ad un errore giudiziario certo e, ancor prima, ad ingiuste detenzioni 34.
Nel procedimento di ricognizione vengono in rilievo una serie di variabili che possono incidere sul processo mentale del ricognitore contaminando negativamente il suo ricordo35. Tra questi fattori di rischio assumono particolare rilevanza le condizioni ambientali quali gli ostacoli visivi, la luce, la distanza e la posizione in cui è avvenuta la percezione dell’azione criminosa36, nonché le capacità mnemoniche del testimone e la durata del tempo di osservazione37. Nei delitti commessi con l’uso di armi, poi, si verifica spesso quel fenomeno che la psicologia giudiziaria definisce effetto arma38 in virtù del quale l’osservazione del ricognitore viene rivolta esclusivamente al mezzo offensivo impiegato, con la conseguenza che il testimone, ansioso e timoroso, è portato a trascurare i tratti somatici dell’aggressore. Un altro fenomeno non marginale è l’effetto razza di appartenenza che rende più difficile la ricognizione qualora il soggetto da riconoscere appartenga ad un gruppo etnico diverso da quello del ricognitore con l’effetto di ostacolare il riconoscimento delle differenze individuali39. In altri casi, il contatto stretto con l’autorità suscita nel ricognitore sentimenti ambivalenti che possono portarlo ad indicare a tutti i costi uno dei soggetti sottoposti alla sua attenzione pur di allinearsi a ciò che pensa si attenda il giudice che gli sta di fronte (cosiddetto effetto yes)40.
Più complessa è l’ipotesi in cui il ricognitore ha già partecipato ad un atto di individuazione, ex art. 361 c.p.p., o ha successivamente avvistato, anche in fotografia, il soggetto da riconoscere. In questi casi, l’esito dell’operazione probatoria è, sotto il profilo psicologico, irrimediabilmente compromesso: il precedente ricordo, sedimentatosi nella memoria, infatti, si integrerà con quello posteriore fino al punto da sovrapporsi all’immagine successiva, sulla quale ormai fa leva il riconoscimento41 con conseguente riduzione del suo grado di attendibilità42.
Uno dei casi più eclatanti, che ha anche portato alla condanna dell’Italia da parte della Corte EDU43 per violazione dell’art. 6 Cedu, riguarda la vicenda di un soggetto accusato di aver ucciso un cittadino italiano e ferito un cittadino albanese. Il presunto responsabile è stato arrestato a seguito dell’assunzione di informazioni rese dal superstite dell’agguato, che lo ha indicato come colui che aveva sparato dopo averlo individuato, ex art. 361 c.p.p., in alcune foto segnaletiche. A seguito dell’arresto, l’indagato ha chiesto la fissazione di un incidente probatorio al fine di procedere all’audizione del testimone, che aveva manifestato più volte la volontà di tornare in Albania, ed alla ricognizione personale. Tale richiesta è stata rigettata dal giudice per le indagini preliminari e, nel frattempo, il testimone, recatosi in Albania per un periodo di vacanze, si è reso irreperibile. Rinviato a giudizio dinanzi alla Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere per omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di armi, con l’aggravante di aver agito per favorire un’organizzazione criminale di tipo mafioso, l’imputato è stato assolto per non aver commesso il fatto con sentenza dell’8 marzo 200444. In applicazione degli artt. 111 Costituzione e 526 c.p.p., la Corte d’Assise ha ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni del ricognitore acquisite durante le indagini preliminari in quanto il cittadino albanese si era volontariamente sottratto all’esame dei difensori dell’imputato. Con sentenza del 3 novembre 2005, invece, la Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha ritenuto non provata la volontà del teste di sottrarsi all’esame, in aggiunta alla contraddittorietà delle dichiarazioni rese dai testimoni a discarico e alla non coerenza e persuasività dell’alibi fornito, e ha condannato il ricorrente alla pena dell’ergastolo45. Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso in Cassazione, respinto dalla Suprema Corte che ha valutato logicamente e correttamente motivata la decisione impugnata46.
Come si può notare, il giudice di seconde cure, data l’impossibilità di espletare la ricognizione in sede dibattimentale (art. 213 ss. c.p.p.) per irreperibilità del testimone, ha pronunciato sentenza di condanna basandola esclusivamente e in maniera determinante su una prova dichiarativa rispetto alla quale non era stato assicurato il diritto dell’imputato al confronto. A seguito di un alternarsi di istanze di revisione e dopo ben otto anni di carcere la Corte d’Appello di Firenze47 ha revocato la sentenza di condanna e ha assolto l’imputato per non aver commesso il fatto perché la vittima - ricognitore durante il processo di revisione ha dichiarato di non riconoscere l’imputato48.
In questo contesto la predisposizione di meccanismi di prevenzione dell’errore rappresenta una esigenza tanto importante quanto difficile da soddisfare poiché risulta complicato intervenire su fattori psicologici e sulle capacità di percezione di una persona49. Tali difficoltà potrebbero essere superate attraverso l’introduzione di meccanismi che siano in grado di garantire la neutralità psichica del ricognitore liberando la sua mente da pregiudizi e false aspettative. Per realizzare tale obiettivo è auspicabile un intervento del legislatore che preveda, nella fase preliminare della procedura, specifici obblighi a carico di colui che è chiamato a condurre l’esperimento. Per esempio, quest’ultimo dovrebbe istruire il testimone informandolo che il colpevole potrebbe non essere tra le persone presentate; rassicurarlo che anch’egli è ignaro dell’identità del soggetto da riconoscere, ciò per evitare un eventuale passaggio involontario di informazioni; nella scelta dei distrattori dovrebbero essere preferiti coloro che più si avvicinano alla descrizione fisica fornita dal ricognitore e, infine, l’attività svolta dovrebbe essere videoregistrata in modo da scoraggiare l’utilizzo di tecniche di ricognizione scorrette. Sotto quest’ultimo profilo risultano condivisibili i principi e i criteri direttivi contenuti nella legge delega 134 del 2021 – cosiddetta riforma Cartabia - che attribuiscono al legislatore delegato il compito di «prevedere la registrazione audiovisiva come ulteriore strumento di documentazione dell’interrogatorio e della prova dichiarativa nonché di individuare i casi in cui debba essere prevista almeno l’audioregistrazione dell’assunzione di informazioni dalle persone informate sui fatti»50. Si potrebbe immaginare l’introduzione di una causa di invalidità affinché siano colpiti da nullità o inutilizzabilità tutti gli atti compiuti in violazione degli obblighi suddetti. Oppure, a garanzia del contraddittorio e della attendibilità del risultato probatorio, sarebbe auspicabile un ampliamento delle ipotesi di incidente probatorio, anche nella sua forma atipica in modo da sganciare l’atto ricognitivo dal requisito delle particolari ragioni di urgenza (art. 392, comma 1, lett. g)) e rendere più snella la procedura. Così facendo, si assicura un controllo giurisdizionale preliminare qualora l’esito del riconoscimento assuma rilevanza determinante in sede dibattimentale.
4. La menzogna del testimone e la declaratio contra se: il caso Gulotta
Diversamente dalla memoria di riconoscimento, la memoria evocativa è caratterizzata da maggiore instabilità che provoca un aumento della probabilità che il testimone renda una dichiarazione volta a fornire una ricostruzione fattuale divergente dalla realtà51. Anche in tale ambito, diversi sono i fattori che incidono sulla veridicità della deposizione testimoniale. Già a livello di percezione del fatto possono riscontrarsi i primi errori mentali, legati sia alla limitata capacità del cervello umano di raccogliere contemporaneamente una rilevante quantità di stimoli dall’ambiente esterno, sia alle pregresse conoscenze o pregiudizi che inevitabilmente influiscono sulla nostra conoscenza52. Negli ultimi tempi, inoltre, «si assiste ad un notevole affievolimento di sensibilità nei confronti del dovere morale di rendere una corretta testimonianza, stante il prevalere di sentimenti egoistici che vedono in detta funzione solo un inutile fastidio»53. Infatti, capita spesso che nei testimoni prevalga il desiderio di sfuggire dall’intera vicenda processuale limitandosi a rispondere alle domande formulate dalle parti con espressioni del tipo non ricordo o non ho visto54.
Più complesso è il fenomeno della falsa confessione55 che costituisce una delle cause di errore giudiziario più difficili da identificare, stante l’estrema difficoltà di saper distinguere fra dichiarazioni false e dichiarazioni veritiere. Un soggetto può essere spinto a dichiararsi colpevole di un reato che non ha mai commesso per diverse ragioni. Queste possono trovare la loro origine da fattori estranei al processo, per esempio la persona che si autoaccusa è affetta da patologie mentali, è incapace di distinguere la realtà dalla fantasia, cerca di costruirsi un alibi per un reato più grave oppure intende proteggere una persona cara56. Questa ultima ipotesi si è verificata nel processo per l’omicidio di Sarah Scazzi in cui lo zio Michele Misseri, dopo la scoperta del corpo, ha confessato di averla uccisa e di aver occultato il cadavere. Il continuo scambio di autoaccuse e smentite57 nel corso del processo ha condotto la Corte d’assise di Taranto58 a ritenere inattendibili le dichiarazioni etero-accusatorie rese dall’imputato perché contrastate da altre risultanze probatorie ed è stato provato che il Misseri ha falsamente confessato di essere l’autore del crimine al solo scopo di depistare le indagini e sottrarre la moglie e la figlia alla responsabilità dell’omicidio, queste ultime poi condannate in via definitiva alla pena dell’ergastolo in quanto ritenute le uniche esecutrici materiali del delitto59. A tal proposito, è bene precisare che nel processo penale non vige un sistema di prove legali e, quindi, la confessione potrebbe essere posta a fondamento del giudizio di colpevolezza soltanto nelle ipotesi in cui il giudice, in concreto, ne apprezza favorevolmente la veridicità, la genuinità e l’attendibilità, fornendo le ragioni per cui sia da respingersi ogni sospetto di intento autocalunnatorio o di intervenuta costrizione del soggetto60. All’esito del giudizio di valutazione, seppur dovesse essere provata la veridicità della dichiarazione contra se, non appare configurabile alcun tipo di vincolatività da parte del giudice in quanto la confessione, al pari degli altri mezzi probatori, soggiace al principio del libero convincimento.A livello processuale, invece, le cause che spingono un soggetto ad autoaccusarsi derivano nella maggior parte dei casi dai metodi coercitivi adottati dalle forze dell’ordine durante un interrogatorio. A riprova di ciò uno dei casi più gravi di condanna ingiusta, fondata non solo su una falsa confessione, ma anche su una falsa chiamata in correità, riguarda la vicenda che ha visto coinvolto Giuseppe Gulotta, condannato all’ergastolo per concorso in duplice omicidio aggravato. Una breve ricostruzione dei fatti contribuirà a valutare la pericolosità che si cela dietro una falsa confessione.
Nella notte tra il 27 e il 28 gennaio 1976, un commando fece irruzione nella stazione dei Carabinieri di Alcamo Marina uccidendo due militari. Nella stessa notte, a un posto di blocco, fu fermato uno dei reali autori del reato che, dopo un lungo interrogatorio effettuato dalla polizia giudiziaria, ammise il suo ruolo nel duplice omicidio chiamando in correità alcuni suoi amici, tra i quali Giuseppe Gulotta61. Questi ultimi furono fermati e sottoposti anch’essi ad interrogatorio da parte degli operatori di polizia giudiziaria confessando di aver preso parte all’eccidio. Successivamente, dinanzi al magistrato tutti gli indagati hanno ritrattato le precedenti dichiarazioni, spiegando di aver subìto maltrattamenti da parte degli investigatori. All’esito delle indagini, il giudice istruttore ha emesso ordinanza di rinvio a giudizio che ha portato, in primo grado, all’assoluzione degli imputati per insufficienza di prove e per l’irregolarità del comportamento degli investigatori che non misero subito gli indagati a disposizione dell’autorità giudiziaria causando una limitazione della loro libertà di determinazione62. Il giudice di prime cure, inoltre, ha riconosciuto la centralità dei maltrattamenti subìti dagli indagati e, sebbene in un separato procedimento gli agenti siano stati prosciolti dalle accuse rivoltegli, ha ritenuto che la situazione anomala in cui si sono formate le prove abbia inciso sull’accertamento della responsabilità degli imputati. A seguito del ricorso presentato dall’accusa, la Corte d’assise d’appello di Palermo ha ribaltato completamente la decisione del giudice di primo grado e ha affermato la penale responsabilità degli imputati sull’assunto che il racconto delle violenze subìte avesse rappresentato per gli stessi uno stratagemma finalizzato a precostituirsi una difesa. Dopo due anni, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di condanna ponendo in dubbio la genuinità della chiamata in correità63 ma, nonostante questi rilievi, il giudice del rinvio ha confermato la condanna all’ergastolo di Giuseppe Gulotta.
La vicenda giudiziaria in esame ha avuto una svolta soltanto nel 2008 grazie alle dichiarazioni rese da uno degli agenti che trent’anni anni prima aveva partecipato alle indagini, il quale ha raccontato quanto realmente accaduto al Procuratore della Repubblica di Trapani. Di fronte a questo nuovo elemento i difensori hanno presentato istanza di revisione, che ha portato alla revoca della sentenza di condanna per Gulotta in quanto la sua dichiarazione autoaccusatoria è stata ritenuta poco credibile e non coincidente con la dinamica dei fatti64. È stato provato, infatti, che gli imputati hanno subìto delle vere e proprie torture ad opera degli agenti e che, dunque, i giudici di merito si sono trovati a decidere sulla base di dichiarazioni ottenute illegittimamente ed estorte con la violenza65.
In quest’ottica, nonostante la tecnologia offra diversi strumenti in grado di identificare la potenziale bugia66, risulta impossibile, anche per gli operatori giudiziari più esperti, sfuggire all’inganno ed avere certezza sulla genuinità o meno di una dichiarazione. Ed allora, una delle possibili soluzioni finalizzate ad impedire che le false confessioni portino ad una condanna ingiusta è quella di introdurre, in via generale, un obbligo di videoregistrazione degli interrogatori67così come previsto dall’art. 141 bis c.p.p. per coloro che si trovino a qualsiasi titolo in stato detentivo, e sempreché l’interrogatorio non si svolga in udienza. L’ iniziativa in tal senso è già stata assunta con la legge delega di riforma del processo penale (riforma Cartabia)68. A beneficio degli innocenti, si verrebbe a creare un deterrente contro tecniche improprie o coercitive; a favore delle forze dell’ordine, invece, non solo si ridurrebbero le controversie su come l’agente si sia comportato o abbia trattato un indagato ma, sul presupposto di una futura utilizzabilità del filmato in sede dibattimentale, qualora si ravvisi la necessità di valutare l’attendibilità del dichiarante, si permetterebbe a coloro che conducono l’esame di concentrarsi maggiormente sull’intervista che risulterà più dettagliata e ciò consentirà anche al pubblico ministero di formulare una imputazione corretta.
Per quanto riguarda la falsa testimonianza risulta interessante dare atto di un recente studio relativo all’ingresso nel sistema giudiziario italiano di una nuova tecnica di eye-tracking: la cosiddetta pupillometria. Si tratta di un meccanismo in grado di rilevare i segnali della menzogna in base al numero di movimenti oculari e alla dilatazione pupillare di una persona69. Pur essendo apprezzabili gli sforzi effettuati in tale ambito, diversamente da quanto sostiene parte della dottrina70, ammettere l’operatività di un simile strumento nel processo penale porrebbe dei dubbi di compatibilità con la disposizione di cui all’art. 188 c.p.p. Invero, la sorveglianza ininterrotta del testimone, chiamato a rendere dichiarazioni in presenza di un dispositivo posizionatogli di fronte per il conteggio dei movimenti pupillari, con molta probabilità determinerebbe un condizionamento della sua psiche, soprattutto se si tratta di soggetto particolarmente ansioso, con il rischio di comprimere la sua libertà di autodeterminazione e di ottenere, così, un risultato inattendibile.
5. Il processo mediatico e i fattori istituzionali come causa dell’errore giudiziario
Le interazioni tra mezzi di informazione e processo penale condizionano inevitabilmente gli organi giurisdizionali, incidendo negativamente sull’esercizio del diritto di difesa fino a coinvolgere numerosi equilibri tra i diversi valori in gioco71. Nuocendo all’imputato e alla giustizia, l’uso mediatico del processo si pone, a pieno titolo, tra le cause dell’errore giudiziario72 dando vita a pericolose forme di giustizia emozionale73. Infatti, la rappresentazione mediatica di vicende giudiziarie, insinuando verità alternative e dubbi interpretativi, svelando scenari nascosti può portare il giudicante ad assumere una decisione non scevra da pregiudizi ovvero può, nel confronto di opinioni tecnico-scientifiche, condizionare il convincimento dei giudici popolari di un reato di competenza della Corte d’assise74.
Quando si celebra un processo che, secondo i mass media, ha già un colpevole - diversamente da quanto sostenuto dalla Cassazione in più occasioni75- vi è un sicuro effetto condizionante sul libero convincimento del giudice76. In questo caso si arriva al paradosso che i processi svolti nel pieno rispetto delle regole processuali vengano percepiti dall’opinione pubblica come esempi di errore giudiziario, dando vita ad istanze di revisione del tutto infondate. In altri casi, invece, qualora l’autorità giudiziaria assuma una decisione contrastante rispetto al convincimento che si è raggiunto nei salotti televisivi, parte una ulteriore campagna mediatica volta ad additare il giudice come nemico della verità e della volontà popolare77. Più rischiosa è l’ipotesi in cui gli inquirenti, influenzati dal convincimento comune, si innamorano di una tesi indirizzando le indagini verso un unico soggetto, cioè colui che è già stato giudicato come colpevole dall’opinione pubblica, perdendo di vista, consapevolmente o inconsciamente, le altre possibili piste investigative (tunnel vision)78.
Tra gli esempi più significativi di influenza mediatica all’interno del processo penale certamente rientra la vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto Alberto Stasi per l’omicidio commesso ai danni della sua fidanzata Chiara Poggi. In primo grado, il Gup del Tribunale di Vigevano ha escluso che fosse emersa la prova diretta a dimostrare la responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio. La Corte d’assise d’appello di Milano ha confermato la sentenza assolutoria di primo grado rilevando che «la prospettazione accusatoria non era affatto logica, coerente e l’unica possibile nell’ambito del complessivo quadro processuale emerso»79. Nonostante una doppia conforme, la Corte di cassazione, a seguito del ricorso presentato dal Procuratore generale, muovendo dal preliminare rilievo che la prova di natura indiziaria o critica non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta o storica80, ha annullato la sentenza d’appello affermando che, a proprio giudizio,« è difficile pervenire a un risultato, di assoluzione o di condanna, contrassegnato da coerenza, credibilità e ragionevolezza» e quindi «risulta impossibile condannare o assolvere Alberto Stasi»81, preferendo però non confermare l’assoluzione disponendo ulteriori accertamenti scientifici. Nel giudizio di rinvio, il collegio giudicante ha ritenuto l’imputato colpevole dei reati ascrittigli sulla base di una serie di argomentazioni di difficile condivisione82 e in base ad un ragionamento logico-giuridico che, a parere di chi scrive, è stato fortemente influenzato da un altro processo: quello mediatico. A distanza di anni la Cassazione83 ha rigettato il ricorso contro la sentenza di condanna assunta dai giudici meneghini ed attualmente Alberto Stasi sta scontando la sua pena a sedici anni di reclusione. Orbene, in questa vicenda qualche dubbio sorge in relazione al rispetto dei principi consacrati nell’art. 111 della Costituzione e delle garanzie processuali dell’imputato a causa del processo mediatico attivatosi durante le indagini. Infatti, proprio in questa fase i giornali e i programmi televisivi iniziarono ad occuparsi del caso concentrando tutte le attenzioni sul fidanzato della ragazza. Ovunque si parlava dell’indagato come un ragazzo dal carattere introverso, addirittura il colore dei suoi occhi – definiti «azzurri come il ghiaccio» - rappresentava per i media un elemento di prova instillando la convinzione nell’opinione pubblica che in realtà quel viso angelico nascondesse la verità su un delitto così atroce. Ed allora il popolo televisivo, come un atto di fede e non secondo le leggi dello Stato, ritenne che soltanto lui potesse essere il colpevole. In questo senso, non si può negare che i mass media spesso creano, nell’opinione pubblica, un’idea sfavorevole dell’imputato, generando, di fatto, un desiderio di condanna. E non si può negare che una certa influenza possa essere esercitata anche sui giudici facendo venir meno la serenità nel giudizio e l’imparzialità. Il processo, dunque, se anche ineccepibile dal punto di vista procedurale, potrebbe essere viziato dall’opinione comune di stampo colpevolista conducendo, così, nei casi più gravi, ad un errore giudiziario84
Orbene, nel caso in esame non è difficile ipotizzare che i mezzi di informazione abbiano potuto influenzare l’arduo lavoro del magistrato e degli investigatori contaminando la delicatissima fase delle indagini che, precedendo il processo vero e proprio, ne ha potuto condizionare in maniera determinante lo sviluppo e la conclusione. 85. Ed allora, condivisibili sono le parole di una autorevole filosofa la quale sosteneva che «giudicare impone di non vedere, perché solo chiudendo gli occhi si diventa spettatori imparziali». Sembra dunque necessario, in tale ambito, introdurre una disciplina rigorosa che vieti la strumentalizzazione dei processi penali nei programmi televisivi oppure creare norme dirette a garantire lo svolgimento di determinati processi a porte chiuse soprattutto quando la complessità tecnico-scientifica della materia possa condizionare l’opinione pubblica e condurre ad errori di valutazione in grado di influenzare anche l’organo giudicante.
6. Gli strumenti riparativi delle imputazioni e delle condanne ingiuste
Prevenire gli errori giudiziari significa non soltanto predisporre dei meccanismi di protezione di un soggetto all’interno del processo penale, ma anche proteggere la società da un esercizio arbitrario del potere punitivo Statale. La Costituzione, infatti, prevede dei rimedi straordinari per correggere l’errore qualora, dopo il passaggio in giudicato di una sentenza, emergano nuovi elementi di prova per i quali si può ritenere che il soggetto non doveva essere condannato. Gli artt. 643 ss. c.p.p. disciplinano le condizioni e le modalità per la riparazione dell’ingiusta condanna86 vale a dire, da un lato, l’esistenza di una sentenza di proscioglimento pronunciata a seguito di un processo di revisione87 e, dall’altro, la non riferibilità dell’errore in via esclusiva alla condotta del condannato88.
Quanto alla natura giuridica della riparazione, la Corte di Cassazione89, risolvendo un lungo dibattito dottrinale e giurisprudenziale90, ha escluso che essa abbia carattere risarcitorio, diversamente da quanto accade in diversi paesi europei, e pur riconoscendo l’equivocità del concetto di indennizzo, ha assimilato l’istituto disciplinato dall’art. 643 c.p.p. a quelle ipotesi di indennità corrisposte in presenza di attività conformi all’ordinamento che, però, producono un danno meritevole di essere riparato. In altre parole, la responsabilità statale deriva non dall’illegittimità della sentenza pronunciata dagli organi che amministrano la giustizia, ma dal successivo accertamento della sua erroneità. L’accoglimento della richiesta di revisione91 fa sorgere due ordini di conseguenze. La prima, che ha carattere ripristinatorio, comporta la restituzione delle somme pagate a titolo di pena pecuniaria, di misura di sicurezza patrimoniale, di spese processuali e di mantenimento in carcere e di risarcimento dei danni in favore della parte civile nonché la restituzione delle cose confiscate, salvo i casi di confisca obbligatoria, e la cancellazione della sentenza di condanna dal casellario giudiziale. La conseguenza più rilevante dell’accertamento dell’errore è, però, la riparazione pecuniaria che è indeterminata nel massimo e deve essere «commisurata alla durata dell’eventuale espiazione della pena o internamento e alle conseguenze personali o familiari derivanti dalla ingiusta condanna» (art. 643, comma 1, c.p.p.)92. Sono oggetto di riparazione tutti i pregiudizi patrimoniali e non93, anche imprevedibili, che siano effetto diretto e immediato della decisione ingiusta, con l’unico limite del divieto di arricchimento della vittima94. La somma in concreto dovuta è determinata con riferimento a parametri equitativi nonostante il termine equa, espressamente indicato nell’art 314 c.p.p. con riferimento alla riparazione per ingiusta detenzione, sia stato estromesso dall’art. 643 c.p.p.95. Proprio il carattere equitativo della riparazione esclude l’esistenza di un onere probatorio in capo all’istante il quale sarà tenuto ad un mero onere di allegazione, a prospettare, cioè, che la illegittima restrizione della libertà personale abbia generato conseguenze negative sul piano personale e familiare, conseguenze delle quali si vuole che il giudice tenga conto nella determinazione del quantum da liquidare. Quale che sia la natura giuridica del ristoro economico riconosciuto alla vittima di una falsa giustizia, la libertà personale ha un valore inestimabile che non può essere quantificato in termini monetari96.
Il diritto alla riparazione dell’errore giudiziario si differenzia dalla riparazione per ingiusta detenzione prevista dagli artt. 314 e 315 c.p.p.97 poiché quest’ultima consente all’imputato di ottenere un’equa riparazione per aver subìto un’indebita custodia cautelare98. Essa assolve, in chiave solidaristica, alla funzione di compensare la vittima delle sofferenze ingiustamente patite e, dunque, non vi sono dubbi nel ritenere che anche questo strumento riparatorio abbia natura indennitaria determinando il sorgere di una responsabilità da atto lecito in capo allo Stato e di un diritto soggettivo pubblico in capo alla vittima99. La dottrina100 ha individuato due nozioni di ingiusta detenzione ricavabili dall’art. 314 c.p.p.: quella di ingiustizia sostanziale, prevista dal primo comma, e quella di ingiustizia formale ricavabile dal secondo comma. Nel primo caso, il diritto all’equa riparazione spetta a colui che, dopo aver subìto una restrizione della libertà personale, sia stato assolto con sentenza irrevocabile con una delle formule indicate dal legislatore che evidenziano la volontà di rendere riparabili unicamente le decisioni particolarmente qualificate nel senso dell’innocenza101. Sono state così selezionate accanto alle tradizionali formule in facto (il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso) quelle in iure (il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato) che, benché possano lasciar sussistere profili di responsabilità civilistica, sono comunque espressive dell’insussistenza dei presupposti attinenti al fatto e alla responsabilità del suo autore, che legittimano l’esercizio della pretesa punitiva102.
Le ipotesi di ingiustizia formale, invece, si riscontrano quando, con decisione irrevocabile, risulta accertato che il provvedimento applicativo della misura custodiale è stato emesso o mantenuto in assenza delle condizioni previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p.103 In questo caso, i soggetti destinatari della riparazione sono sia il prosciolto che il condannato poiché ciò che rileva è l’illegittimità del provvedimento cautelare accertata con decisione irrevocabile assunta dal giudice cautelare o dallo stesso giudice di merito104. A differenza della riparazione dell’errore giudiziario, in caso di accoglimento dell’istanza per ingiusta detenzione105 l’entità della riparazione non può eccedere il limite di 516.456,90 euro. Nella determinazione della somma da liquidare, secondo la giurisprudenza dominante, devono essere presi in considerazione una serie di fattori tra i quali la durata e le modalità di esecuzione della misura cautelare106, il pregiudizio psico-fisico e patrimoniale107, il danno all’immagine108 e il tipo di sentenza emessa nei confronti del richiedente109. Viceversa, la domanda è rigettata quando si accerta la sussistenza di una delle cause ostative previste dall’art. 314 c.p.p., vale a dire che l’istante abbia dato causa o concorso a dar causa, con dolo o colpa grave, al provvedimento restrittivo. Il soggetto sottoposto a misura cautelare, per vedersi riconoscere la riparazione, non deve aver assunto un comportamento consapevole ed idoneo ad ingannare il giudice, preordinato all’adozione o al mantenimento della misura cautelare ovvero non deve aver posto in essere una condotta caratterizzata da non curanza, negligenza, incuria e indifferenza per le conseguenze dei propri atti ai fini penali110. D’altro canto, il giudice della riparazione nel valutare la sussistenza del dolo o della colpa grave può utilizzare sia gli esiti delle intercettazioni, salvo che queste siano state dichiarate inutilizzabili nel giudizio di merito111, sia le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da soggetti che, poi, in dibattimento si siano sottratti all’esame o abbiano ritrattato, a meno che il giudice della cognizione, attraverso un esame dell’intero quadro probatorio, abbia ritenuto tali soggetti inattendibili112. Maggiori problematiche si pongono nei casi in cui l’interessato scelga, nell’esercizio del diritto di difesa, di serbare silenzio o rendere dichiarazioni false in sede di interrogatorio. Ci si chiede se in questi casi il silenzio, la reticenza o il mendacio possano essere valutati dal giudice della riparazione ostacolando di fatto il riconoscimento dell’indennizzo. Sul punto la giurisprudenza dominante ritieneva che la facoltà di non rispondere poteva assumere astratta idoneità a costituire un requisito ostativo della ingiusta detenzione laddove «l’interessato sarebbe stato in grado di indicare specifiche circostanze idonee a prospettare una logica spiegazione al fine di escludere o far venir meno il valore indiziante degli elementi investigativi che determinarono l’emissione della misura cautelare»113. È su questo aspetto che la Corte d’appello di Firenze ha respinto la richiesta di indennizzo avanzata da Raffaele Sollecito definitivamente assolto dall’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher insieme all’ex fidanzata Amanda Knox. Il giudice, infatti, ha ritenuto che il giovane «già nel corso delle indagini preliminari, e specificamente nella loro fase iniziale, ha reso dichiarazioni contraddittorie o non veritiere, che hanno contribuito a far emettere e poi a far mantenere a suo carico la misura cautelare»114. Appare evidente che una diversa condotta avrebbe consentito una differente valutazione della sua pericolosità rispetto a quella che motivò l’emissione e il lungo mantenimento della misura coercitiva. Dunque, ad avviso del giudice, lo stesso indagato ha fortemente contribuito alla causazione dell’evento dannoso tale da ostacolare il riconoscimento del diritto all’indennizzo per l’ingiusta detenzione subìta.
Sotto questo profilo, deve darsi conto della recente modifica dell’art. 314, comma 1, del codice di rito ad opera dell’art. 4, comma 1, lett. b) del d.lgs. 8 novembre 2021, n° 188: l’ultimo periodo della disposizione prevede ora espressamente che «l’esercizio da parte dell’imputato della facoltà di cui all’art. 64 comma 3 lett. b) non incide sul diritto alla riparazione». Sul punto è intervenuta anche la giurisprudenza specificando che la condotta dell’indagato che in sede di interrogatorio si sia avvalso della facoltà di non rispondere non incide sul diritto alla riparazione. Per l’effetto, ai fini della verifica della condizione ostativa al diritto alla riparazione di cui all’articolo 314, comma 1, ultima parte, (l’avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare subita per dolo o colpa grave), non può più attribuirsi rilievo al solo silenzio eventualmente serbato dall’interessato nel corso degli interrogatori115. Dunque, con la modifica normativa in esame si è inteso adeguare la legislazione nazionale alle disposizioni della Direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, con specifico riferimento, nel caso in esame, alla emanazione di norme comuni sulla protezione dei diritti procedurali di indagati e imputati116. L’ordinamento giuridico italiano non disciplina alcuno strumento riparatorio nei casi in cui non è applicabile la riparazione per ingiusta detenzione, cioè quando un soggetto viene ingiustamente processato perché colpito da una imputazione ingiusta e successivamente viene assolto con formula ampiamente liberatoria. Bisogna prendere atto che anche la mera pendenza del processo penale genera delle conseguenze negative nei confronti dell’accusato, a prescindere da una sentenza di assoluzione o di condanna. Soltanto con il D.M. 20 dicembre 2021, attuativo della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio)117, accanto alla riparazione per errore giudiziario e per ingiusta detenzione e alla riparazione del danno cagionato dalla durata irragionevole del processo, si è introdotto un meccanismo che riconosce al soggetto destinatario di una sentenza di assoluzione divenuta irrevocabile - pronunciata ai sensi dell’art. 129 c.p.p. o ex art. 530, comma 1, c.p.p., con la formula «perché il fatto non sussiste», «l’imputato non lo ha commesso», «perché il fatto non costituisce reato» o, infine, «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato» - il diritto al rimborso delle spese legali sostenute per la difesa in giudizio. La normativa in esame lascia fuori dal novero dei provvedimenti per cui è possibile chiedere il rimborso sia la pronuncia di archiviazione che la sentenza di non luogo a procedere emessa all’esito dell’udienza preliminare. Se nel primo caso l’esclusione appare condivisibile, dato il mancato esercizio dell’azione penale, nella seconda ipotesi deve condividersi l’opinione di quella parte della dottrina che, facendo leva sulla identità delle formule di proscioglimento contenute negli artt. 129 e 530, comma 1 c.p.p., ritiene non comprensibile il mancato riferimento anche all’art. 425 c.p.p.118.
L’istanza, che deve essere presentata dall’imputato personalmente tramite piattaforma telematica sul sito del ministero della giustizia, deve essere corredata da una serie di documenti che attestano gli esborsi effettuati per remunerare il difensore di fiducia e le spese sostenute per consulenti tecnici, investigatori privati e interpreti119.
Tralasciando i dubbi di legittimità costituzionale che si annidano nella previsione di alcune cause ostative120 e della cifra stanziata121 che di per sé è insufficiente a soddisfare tutte le richieste, l’intervento normativo va salutato con favore in quanto ha colmato una irragionevole lacuna del sistema italiano garantendo, in virtù del principio di equità, un ristoro economico anche al soggetto che non avrebbe dovuto essere sottoposto ad alcun procedimento penale quando l’accusa elevata a suo carico si è rivelata infondata.
Conclusioni
Le riflessioni sin qui svolte fanno emergere la necessità, sempre più marcata, di prestare maggiore interesse al tema degli errori giudiziari attraverso un approccio che dia vita ad un mutamento culturale rispetto al fenomeno di cui si tratta in modo da predisporre dei meccanismi che siano in grado, prima ancora che di riparare, di prevenire il patimento di chi, ingiustamente condannato, finisce in carcere. L’obiettivo è quello di evitare di allontanare il processo penale dal suo traguardo ultimo tenendo conto che solo il rispetto rigido dei principi costituzionali può evitare la condanna di un innocente. Anche in ambito europeo il tema in esame non è stato ancora oggetto di attento dibattito; sussiste, infatti, un disallineamento delle tutele previste dai diversi Stati dell’Unione i quali regolamentano in maniera del tutto eterogenea i criteri di quantificazione degli indennizzi/risarcimenti122, come se il valore della libertà personale dipendesse dall’appartenenza ad un determinato popolo. In quest’ottica, i governi potrebbero suggerire, nell’ambito delle iniziative da assumere nel settore della Politica della giustizia e degli affari interni dell’Unione europea (artt. 76 ss. TFUE), un’armonizzazione dei criteri suddetti al fine di assicurare un ristoro uniforme e un’equiparazione di ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione. Sul versante interno, poi, le sentenze e le imputazioni ingiuste risultano ancora tante, troppe. Studi statistici dimostrano che negli ultimi trent’anni i casi di ingiusta detenzione sono stati 29.752, settecentocinquanta soltanto nel 2020 mentre nello stesso anno i casi di errore giudiziario in senso stretto sono stati 16123, soltanto 7 nel 2021124, un po’ meno rispetto agli anni precedenti perché l’emergenza sanitaria per Covid-19 ha rallentato la macchina giudiziaria. C’è da sottolineare che il numero esorbitante di errori incide in maniera significativa anche sul costo dell’amministrazione della giustizia che nel 2020 è stato di 43,9 milioni di euro125, ma il dato ancora più sconcertante è che i criteri di liquidazione degli indennizzi sono applicati in maniera difforme nei diversi distretti di Corte d’appello. Dunque, è auspicabile che i pubblici poteri effettuino un’inversione di marcia incoraggiando iniziative dirette a promuovere la consapevolezza delle problematiche investigative e giudiziarie attraverso l’analisi dei casi concreti, ad effettuare ricerche che individuino e classifichino le fonti umane di errore, ad elaborare protocolli e linee guida che andranno aggiornate sulla base delle esperienze e del progredire delle acquisizioni scientifiche126, a puntare alla formazione degli avvocati e dei soggetti deputati alla attività investigativa fornendo loro procedure standardizzate da seguire e, infine, a responsabilizzare gli organi di informazione in modo da preservare la verginità cognitiva del giudice e far sì che la sua decisione non sia influenzata dall’opinione pubblica ma sia frutto del libero convincimento basato esclusivamente sulla valutazione delle prove. Soltanto così si realizzerebbe un progresso in tale settore che consentirebbe di restituire al processo penale la sua vera identità: punire i criminali e assolvere gli innocenti.
-
2
Si tratta di giudizi o pregiudizi sviluppati sulla base dell’interpretazione di informazioni possedute, anche se non logicamente e semanticamente connesse tra loro e che portano dunque a mancanza di oggettività. Una simile ipotesi si verifica nei casi in cui un soggetto, accontentandosi di paradigmi o stereotipi, non dedica la necessaria attenzione alle specifiche circostanze che caratterizzano l’oggetto d’indagine, cioè quelle che forniscono le premesse idonee a sviluppare un pensiero.
-
3
CURTOTTI NAPPI, Donatella, SARAVO, Luigi. L’errore tecnico-scientifico sulla scena del crimine. L’errore inevitabile e le colpe dello scienziato, del giurista, del legislatore. Archivio Penale, Pisa, n. 3, p. 1, 2011.
-
4
Esso costituisce uno schema di avanzamento del nostro sapere complessivo; riconoscerlo mediante un approccio critico è il mezzo attraverso il quale possiamo individuarlo e imparare da esso: così, POPPER, Karl, La società aperta e i suoi nemici. In: ANTISERI, Dario (a cura di). Roma, Armando editore, p. 613, 2002.
-
5
La falsificazione della ricerca della verità può trovare la sua primordiale fonte genetica già nelle indagini preliminari in cui la ricostruzione investigativa offre elevati margini di errore per essere il primo tentativo, in ordine cronologico, di rielaborazione e ricostruzione di un fatto del passato ormai dissolto, Cfr. CURTOTTI NAPPI, Donatella, SARAVO, Luigi. L’errore tecnico-scientifico sulla scena del crimine. L’errore inevitabile e le colpe dello scienziato, del giurista, del legislatore. Archivio Penale, Pisa, n. 3, p. 2, 2011.Diverse sono le definizioni dell’errore giudiziario; l’errore giudiziario secondo TROISI, Paolo. L’errore giudiziario tra garanzie costituzionali e sistema processuale. Padova, CEDAM, p. 4, 2011, «è sia l’assoluzione del colpevole che la condanna dell’innocente»; v., inoltre CURTOTTI NAPPI, Donatella, SARAVO, Luigi. L’errore tecnico-scientifico sulla scena del crimine. L’errore inevitabile e le colpe dello scienziato, del giurista, del legislatore. Archivio Penale, Pisa, n. 3, p. 1, 2011, secondo cui «l’errore giudiziario è ogni errore di fatto o di diritto che ha ricadute sull’oggetto dell’accertamento penale portando ad una decisione diversa da quella che si sarebbe raggiunta se l’errore non fosse stato commesso».Per una disamina sulle condizioni di giustizia del processo, v., FERRUA, Paolo. Giustizia del processo e giustizia della decisione. Diritto Penale e Processo, Milano, n. 10, p. 1201 – 1204, 2015.
-
6
La Costituzione Italiana, nel prevedere all’art. 24, comma 4 l’istituto della riparazione degli errori giudiziari imponendo al legislatore di determinare «le condizioni e i modi di riparazione degli errori giudiziari», ha di fatto ammesso la concreta possibilità della condanna dell’innocente.
-
7
A livello sovranazionale, il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione è espressamente sancito dall’art. 5, § 5 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali mentre il diritto alla riparazione dell’errore giudiziario è previsto dall’art. 3 del protocollo n. 7. della medesima Convenzione che viene espressamente richiamata dall’art. 6, comma 2 del Trattato sull’Unione europea, e dagli artt. 9, § 5 e 14, § 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici nonché dall’art. 85 del Trattato contenente lo Statuto della Corte penale internazionale, adottato a Roma il 17 luglio 1998, per approfondimenti, v., PRESSACCO, Luca. Per un’integrazione «convenzionalmente orientata» della riparazione per l’ingiusta detenzione. Rivista Italiana di diritto e Procedura penale, Milano, fasc. 1, p. 319, 2021.
-
8
Per un’analisi dei meccanismi riparatori previsti dal codice del 1930, v., SPANGHER, Giorgio. Riparazione pecuniaria. Enciclopedia del diritto, Milano, vol. 40, p. 1014 – 1023, 1989.
-
9
Sul punto, LUPÀRIA, Luca (a cura di), L’errore giudiziario, Milano, Giuffré, 2021.
- 10
-
11
Lo sbaglio commesso sulla scena del crimine non è solo deleterio per la decisione e, quindi, per le sorti dell’imputato, ma presenta una dose maggiore di «lesività» perché si colloca nelle prime fasi dell’accertamento penale: condiziona, perciò, lo svolgimento delle attività e delle decisioni tipiche della fase investigativa, indirizza sin da subito le scelte del pubblico ministero, grava sulle determinazioni inerenti l’adozione di una misura cautelare, incide sulle decisioni delle parti in ordine all’adozione dei riti alternativi, pesa infine sull’istruzione dibattimentale quando i risultati delle attività irripetibili compiute sulle tracce si trasformano in prove: v. CURTOTTI NAPPI, Donatella, SARAVO, Luigi, L’errore tecnico-scientifico sulla scena del crimine. L’errore inevitabile e le colpe dello scienziato, del giurista, del legislatore. Archivio Penale, Pisa, n. 3, p. 6-7, 2011.
-
12
Sui rilievi e accertamenti urgenti compiuti dalla polizia giudiziaria sulla scena del crimine, v. ALESCI, Teresa. Il corpo umano fonte di prova. Padova, CEDAM, 2017, p. 80-89.
-
13
Solo in un caso il Legislatore ha scelto di regolamentare dettagliatamente le attività tecniche di polizia giudiziaria. Con l’art. 9, comma 3 della Legge 18 marzo 2008, n. 48 (legge di ratifica della Convenzione di Budapest sul Cybercrime) si è aggiunto un secondo periodo nell’art. 354, comma 2 c.p.p. in virtù del quale si stabilisce che in relazione ai dati, alle informazioni e ai programmi informatici o ai sistemi informatici o telematici, gli ufficiali di polizia giudiziaria adottano, altresì, le misure tecniche o impartiscono le prescrizioni necessarie ad assicurarne la conservazione o ad impedirne l’alterazione e l’accesso e provvedono, ove possibile, alla loro immediata duplicazione su appositi supporti, mediante una procedura che assicuri la conformità della copia all’originale e la sua immodificabilità; per approfondimenti v, BRAVO, Fabio. Indagini informatiche e acquisizione della prova nel processo penale. Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, Bologna, n. 3 - 1, p. 231 – 245, 2009 - 2010.
-
14
In tema di assistenza difensiva, per esempio, le garanzie previste dal combinato disposto degli artt. 356 c.p.p. e 114 disp. att. c.p.p. non sono in grado di sopperire al vulnus difensivo che si crea. Le norme in esame, infatti, se da un lato impongono alla polizia giudiziaria di avvertire la persona sottoposta alle indagini, se presente, della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia per il compimento degli atti previsti dagli artt. 352 e 354 c.p.p., dall’altro, prevedono soltanto una facoltà - e non un obbligo - per la polizia giudiziaria di avvisare preventivamente il difensore affinché possa assistere al compimento degli atti di cui sopra. Come si può notare, la portata applicativa della tutela è alquanto limitata; invero, l’assistenza del difensore è prevista, ma non è sostenuta da un obbligo di preavviso è ciò determina una limitazione della tutela dell’indagato soprattutto quando gli atti coinvolgono libertà costituzionalmente protette, che finiscono per assumere il valore di prova ai fini della decisione in quanto attività irripetibili. Sul punto cfr., ALESCI, Teresa. Il corpo umano fonte di prova. Padova, CEDAM, 2017, p. 85; POGGI, Anna, CAVALERA, Cosimo, Gli accertamenti tecnici della polizia giudiziaria nell’indagine preliminare, Padova, CEDAM, 2000, p. 78. Maggiori criticità si rinvengono nell’attività di raccolta di reperti biologici, sul punto, v., FELICIONI, Paola. La prova del DNA tra esaltazione mediatica e realtà applicativa. Archivio Penale, Pisa, n. 2, p. 17, 2012.
- 15
-
16
Secondo uno dei più importanti principi elaborati dalle scienze criminologiche i contatti tra persone o cose comportano sempre degli scambi di materiale. Essi possono avvenire tramite trasferimento avventizio di DNA o tramite contaminazione. Il trasferimento del DNA implica uno spostamento correlato al crimine: prima, durante o dopo l’evento. La contaminazione, invece, è uno spostamento non correlato all’azione criminosa: avviene durante o dopo la messa in sicurezza della scena. Trasferimento e contaminazione si riferiscono entrambi al fenomeno fisico di spostamento del DNA, ma ciò che li distingue è la tempistica in cui originano, v., LOCARD, Edmund. Traité de criminalistique, Lyon, Joannès Desvigne et ses fils, 1931.
- 17
-
18
Cass. Pen., sez. V, 7 settembre 2015 (ud. 27 marzo 2015), sent. n. 36080, p. 13, Deiure.
- 19
- 20
-
21
Gli standard ISO/IEC 17020 affrontano l’intero processo di intervento sulla scena del crimine, dall’arrivo del primo operatore fino al completamento di tutte le attività che si conclude con la redazione di un verbale. L’articolazione e l’esecuzione della procedura si sostanzia in cinque fasi: 1) individuazione delle azioni da intraprendere all’arrivo sulla scena; 2) elaborazione di una strategia per l’esame di una scena; 3) effettuazione dell’esame vero e proprio della scena del crimine; 4) verifica/discussione delle attività svolte e valutazione circa l’esecuzione di ulteriori attività; 5) redazione di un documento finale, cfr. GAROFANO, Luciano, PENSIERI, Maria Gaia. La falsa giustizia. La genesi degli errori giudiziari e come prevenirli. Modena, Infinito edizioni, p. 107, 2019.
-
22
Tali norme specificano i requisiti generali per la competenza dei laboratori a eseguire prove e/o tarature delle apparecchiature, incluso il campionamento e contengono tutti i requisiti che devono essere soddisfatti dai laboratori se questi intendono dimostrare che attuano un sistema di qualità e che sono tecnicamente competenti per produrre risultati tecnicamente validi, sul punto v., VALLI, Roberto, Valutazione dell’affidabilità dell’indagine genetica svolta con la violazione di «protocolli» e linee guida: utilizzabilità del risultato raggiunto. Diritto penale contemporaneo, Milano, fasc. 12, p. 28-29, 2018.
-
23
L’ENFSI è l’organismo tecnico di riferimento europeo, sia dell’Unione Europea, sia del Gruppo di Cooperazione Europeo delle Polizie nonché dell’Europol e dell’Interpol riguardo la definizione degli standard tecnici utilizzati dai Laboratori di Polizia Scientifica, v., www.enfsi.eu.
-
24
Il manuale è stato realizzato come progetto collaborativo cui hanno contribuito i membri del gruppo di lavoro denominato «La scena del crimine», attraverso la nomina di uno specifico sottogruppo che ha raccolto ed elaborato i pareri degli esperti sulla scena del crimine delle Forza di Polizia e degli istituti di Scienze forensi di tutta Europa, così redigendo una sorta di linee guida che permettono di affrontare sia i crimini più semplici che quelli più complessi. Per raggiungere questo scopo il manuale detta criteri di ordine generale, demandando alle procedure operative standard (cioè al complesso delle norme da seguire in una determinata procedura), redatte da ciascun Paese membro, il compito di definire, nei particolari, le modalità di intervento sulla scena del crimine. Si tratta, inoltre, di un manuale di tipo aperto disponibile a raccogliere i suggerimenti e i miglioramenti di tutti gli studiosi e gli esperti, che possono essere espressi tramite il portale Europol o la segreteria del gruppo di lavoro. Il manuale è disponibile on line, in: https://enfsi.eu/wp-content/uploads/2021/12/BPM-SOC-01-v.2021115_final.pdf (aggiornamento novembre 2021).
-
25
Sul punto, v., Cass. Pen., sez II, 28 marzo 2012 (ud. 10 gennaio 2012), n. 11693 «La sanzione di inutilizzabilità, stante la regola della tassatività, non può essere allargata sino a comprendere l’inosservanza di regole scientifiche che non siano codificate in una apposita e specifica normativa di legge». Cassazione penale, Milano, p. 4090, 2013.
-
26
La Polizia di Stato ha creato un vero e proprio laboratorio mobile per l’esame della scena del crimine denominato Forensic Fullback. Si tratta di un veicolo altamente tecnologico e dotato di tutte le attrezzature necessarie a repertare e conservare le tracce e le impronte al fine di poter ricostruire la scena del crimine Inoltre, il mezzo è dotato di un sistema GPS che consente di trasmettere ad un software in tempo reale il verbale del sopralluogo.
-
27
V., GULOTTA, Giuseppe. Innocenza e colpevolezza sul banco degli imputati. Commento alle linee guida psicoforensi per un processo sempre più giusto. Milano, Giuffré, p. 314, 2018, secondo cui il trascrittore dovrebbe possedere competenze in materia di psicolinguistica al fine di svolgere correttamente il suo compito.
-
28
Tra questi criteri quello della logicità permetterebbe all’inquirente di «ricostruire l’enunciato sulla base di una determinata formula linguistica, che può essere supportato anche dai cosiddetti fatti notori, conosciuti o conoscibili dal giudice, ritenuti assolutamente fondati»; costituiscono corollari del criterio logico quelli di chiarezza, decifrabilità dei significati e assenza di ambiguità: cfr., DELLA RAGIONE Luca. Compendio di procedura penale, Roma, Neldiritto, 2014; in assenza di tali caratteri, laddove l’interpretazione della comunicazione risulti ambigua o di difficile decifrabilità, il risultato della prova diviene meno certo, cfr., Cass. Pen., sez. VI, 25 febbraio 2004, n. 21726, Deiure.
-
29
Ordinanza 15 maggio 1996, (provvedimento inedito)
-
30
Corte d’assise di Taranto, anno 1997 (provvedimento inedito), Sul punto, v., MAIMONE, Valentino; PALMA, Alessandra; SCALPELLI, Carlo; CARA, Valter; CANINO, Antonella (a cura di). Il caso di Angelo Massaro. In: LUPÀRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario. Milano, Giuffré, 2021, p. 952 - 955. Per una breve ricostruzione del fatto storico, v., GAROFANO, Luciano, PENSIERI, Maria Gaia. La falsa giustizia. La genesi degli errori giudiziari e come prevenirli. Modena, Infinito edizioni, p. 245, 2019.
-
31
La Corte di cassazione ha annullato l’ordinanza con la quale la Corte d’appello di Potenza aveva rigettato la richiesta di revisione e ha trasferito gli atti alla Corte d’appello di Catanzaro dinanzi alla quale si è svolto il procedimento di revisione che ha portato all’assoluzione dell’imputato, v., Cass. Pen., sez. V, 4 maggio 2015, n. 26478. In: https://www.progettoinnocenti.it/new/wp-content/uploads/2018/09/3639lasentenza.pdf. La mancanza di effettivi riscontri, che sarebbe stato opportuno effettuare nel giudizio di merito, è stata colmata nel giudizio di revisione attraverso l’assunzione della testimonianza della moglie e della figlia del Massaro, mai ascoltate nel processo di primo grado. Grazie alle dichiarazioni acquisite, e ad ulteriori intercettazioni relative ad un diverso procedimento giudiziario pendente nei suoi confronti, è stato chiarito che l’imputato nel giorno del delitto era impegnato in attività lavorative tale da escludere qualsiasi coinvolgimento nel fatto delittuoso.
- 32
- 33
-
34
I dati statistici sono consultabili in www.innocenceproject.org; cfr. SARTORI, Giuseppe. Riconoscimento di persona ed errore giudiziario. Disponibile in: www.testimonianzapenale.com. Accesso in: 10 gennaio 2022.
-
35
Nel codice del 1930 l’istituto è stato considerato un atto penale complesso finalizzato alla conferma di un dato conoscitivo: l’identità di una persona o di una cosa che rilevavano ai fini del processo. In quel codice l’istituto, invero, si sostanziava in una formale e dettagliata operazione cui partecipavano, in vari ruoli, più persone, volta a trasformare in certezza un elemento probatorio in parte già acquisito ma non ancora sicuro: v., CECANESE, Gianfederico, La ricognizione nella dinamica e nella statica processuale. Archivio penale, Pisa, n. 1, p. 2, 2019. Il codice vigente, al fine di garantire la massima genuinità dell’atto e, quindi, l’attendibilità del risultato probatorio, detta una minuziosa regolamentazione sia per le attività preliminari che per lo svolgimento della ricognizione vera e propria
- 36
-
37
CAPITTA, Anna Maria. Ricognizioni e individuazioni di persone nel diritto delle prove penali, Milano, Giuffré, p. 308, 2001. Per una disamina degli aspetti psicologici che vengono in rilievo nella ricognizione personale v., CAVINI, Sofia. Le ricognizioni e i confronti. In: UBERTIS, Giulio; VOENA, Giovanni Paolo (diretta da), Trattato di procedura penale. Milano, Giuffré, vol. 17, 2015, p. 1 ss.
- 38
-
39
Gli aspetti legati all’etnia influiscono sulla capacità di riconoscimento: per ognuno di noi è più semplice individuare, e di conseguenza ricordare, i particolari somatici appartenenti al proprio gruppo etnico rispetto ad altri. Cfr., PRIORI, Silvia, La ricognizione di persone: dal modello teorico alla prassi applicativa. Diritto penale e processo, Milano, fasc. 3, p. 374, 2006.
- 40
-
41
In questi termini, PIGNATARO, Fabio. L’errore imperscrutabile: ovvero la ricognizione di persona. In: LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI Luca; PAOLOZZI, Giovanni (a cura di), Errori giudiziari e Background processuale. Torino, Giappichelli, 2017, p. 57; Sul rapporto tra ricognizione e individuazione v., CECANESE, Gianfederico. Aspetti problematici e snodi interpretativi dell’individuazione di persone e di cose. Archivio penale, Pisa, fasc. 1, p. 20 ss., 2018
-
42
Ciò nonostante, la giurisprudenza ha più volte affermato che la identificazione fotografica, costituendo prova atipica in quanto non disciplinata dalla legge né collocabile nell’ambito della ricognizione personale prevista dall’art. 213 c.p.p., legittimamente può essere assunta ai sensi dell’art. 189 c.p.p.. In tal caso, infatti, non viene scalfito il grado di attendibilità in quanto «la certezza della prova dipende non dal riconoscimento in sé, ma dalla ritenuta attendibilità della deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia dell’imputato, si dia certo della sua identificazione»; cfr., Cass. Pen., sez. fer., 8 agosto 2019, n. 43285; Cass. Pen., sez. IV, 4 febbraio 2004, n. 16902; Cass. Pen., sez. II, 28 febbraio 1997, 3382, Deiure; Cass. Pen., sez. IV, 1 febbraio 1996, 3494, Deiure.
-
43
V., Corte e.d.u., sez. II, 18 maggio 2010, Ogaristi c. Italia, disponibile in: https://www.giustizia.it
-
44
Corte d’assise di Santa Maria Capua Vetere, 8 marzo 2004, (provvedimento inedito).
-
45
Corte d’assise d’appello di Napoli, 3 novembre 2005, (provvedimento inedito).
-
46
Cass. Pen., sez. I, 20 giugno 2006, n. 23571. Deiure.
-
47
La Corte di appello di Roma, con ordinanza 29 maggio 2008 (provvedimento inedito), ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione. La Suprema Corte, con sentenza 4 febbraio 2009, dep. 27 febbraio 2009 (provvedimento inedito), ha annullato la bocciatura dell’istanza rinviando gli atti alla Corte d’appello di Perugia. Quest’ultima, con ordinanza 26 maggio 2009 (provvedimento inedito), ha dichiarato nuovamente l’inammissibilità dell’istanza. A seguito di un nuovo ricorso, la Cassazione ha trasferito gli atti alla Corte d’appello di Firenze che, finalmente, ha valutato il merito della richiesta, cfr. Cass. Pen., sez. V, 25 marzo 2010, n. 16588, Deiure.
-
48
Più di recente, un giovane di origini egiziane, accusato di violenza sessuale, è stato condannato in primo grado ad otto anni di reclusione nonostante la vittima si fosse più volte contraddetta nel descrivere l’aspetto fisico del suo presunto aggressore. Successivamente, in sede d’appello l’imputato è stato assolto per non aver commesso il fatto in quanto è risultata evidente la presenza di un errore giudiziario nato esclusivamente da una ricognizione errata effettuata dalla persona offesa che era incorsa in un palese scambio di persona, Per un esame del caso, v., LATTANZI, Benedetto; MAIMONE, Valentino. Il cameriere innocente, vittima di uno scambio di persona. Disponibile in: https://errorigiudiziari.com, 13 maggio 2020. Analoga questione si è posta in altre due vicende per le quali è in corso il processo di revisione: Caso Felice (Corte d’appello di Bologna, sez. I, 19 gennaio 2016, sentenza n. 10006) e caso Tavano (Corte d’appello di Roma, sez. III, 6 ottobre 2014, sentenza n. 6739) entrambi i soggetti condannati in via definitiva per violenza sessuale sulla base di un riconoscimento fotografico effettuato dalla persona offesa nella fase investigativa. Sul punto la Corte di cassazione, richiamando quanto affermato dai giudici di Strasburgo, ha più volte ribadito che «il giudizio di responsabilità non può fondarsi in misura unica e determinante sulle dichiarazioni della persona offesa e sul riconoscimento fotografico operato in fase di indagini», da ultimo v., Cass. Pen., sez. IV, 12 luglio 2021, n. 26336.
-
49
Al fine di porre rimedio a tali difficoltà gli studiosi di diversi Paesi hanno elaborato delle linee guida da seguire durante l’espletamento del mezzo di prova in esame, sul tema, v., SARTORI, Giuseppe. Linee guida sul riconoscimento di persona. Disponibile in: https://www.testimonianzapenale.com/lista-argomenti/linee-guida-sul-riconoscimento-di-persona. Accesso in: 2 febbraio 2022; PRIORI, Silvia. La ricognizione di persone: dal modello teorico alla prassi applicativa. Diritto penale e processo, Milano, fasc. 3, p. 366-367, 2006
-
50
Art. 1 comma 8, lett. a) e b) legge 27 settembre 2021, n. 134 (Delega al governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari)
-
51
La memoria evocativa viene richiamata quando un testimone è invitato a descrivere verbalmente il fatto/reato a cui ha assistito o l’aspetto fisico del perpetratore; la memoria di riconoscimento è quella in cui, grazie ad un preciso dettaglio, si può ricordare l’intera scena accaduta. Per approfondimenti, v., BROWN, Jhon, Recall and recognition, Ney York, John Wiley & Sons Inc., 1976.
- 52
- 53
- 54
-
55
Sul ruolo della confessione nel sistema processuale penale, v., BENE, Teresa. La verità giudiziaria e i suoi rapporti con il potere. In: LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI, Luca (a cura di). Confessione, liturgie della verità e macchine sanzionatorie. Torino, Giappichelli, 2015, p. 41-50; MARAFIOTI, Luca. Spinta alla confessione e macchine sanzionatorie: attenzione dei giuristi ed eredità di Foucault. In LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI, Luca (a cura di). Confessione, liturgie della verità e macchine sanzionatorie. Torino, Giappichelli, 2015, p. 129-142.
-
56
Sui fattori che spingono un soggetto ad autoaccusarsi falsamente di un reato,v., LUPÀRIA, Luca. La confessione dell’imputato nel sistema processuale penale, Milano, Giuffré, 2006, p. 81-109.
-
57
Per un esame approfondito tra confessione e ritrattazione, v., GAROFALO, Giulio. Da Lavonio ad Avetrana: «appetito di confessione» e intolleranza alla ritrattazione. In: LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI, Luca (a cura di). Confessione, liturgie della verità e macchine sanzionatorie. Torino, Giappichelli, 2015, p. 115-128.
-
58
Corte d’assise di Taranto, sez. I, 20 aprile 2013, n. 1.
-
59
L’errore giudiziario, in questo caso, è stato scongiurato dal successivo proscioglimento del confitente dall’accusa di omicidio residuando soltanto l’imputazione – e poi la condanna – per soppressione di cadavere.
-
60
La confessione andrebbe qualificata come un’affermazione probatoria, ossi un fatto che, come tutti i fatti dichiarati da una delle parti del processo, deve essere suscettibile di una prova per essere ritenuto e affermato come vero, sul punto, v., LUPÀRIA, Luca. La confessione dell’imputato nel sistema processuale penale, Milano, Giuffré, 2006, p. 198- 207.
-
61
Per una dettagliata ricostruzione dei fatti, v., GAROFANO, Luciano; PENSIERI, Maria Gaia. La falsa giustizia. La genesi degli errori giudiziari e come prevenirli. Modena, Infinito edizioni, p. 201-206, 2019; MAIMONE, Valentino; PALMA, Alessandra; CAPUTO, Serena; FARINONI, Paola. Il caso di Giuseppe Gulotta. In: LUPÁRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario. Milano, Giuffré, 2021, p. 907-920; GULOTTA, Giuseppe; BIONDO, Nicola. Alkamar. La mia vita in carcere da innocente. Milano, Chiarelettere, 2015.
-
62
Corte d’assise di Trapani, 10 febbraio 1981, sentenza n. 1, in: https://www.progettoinnocenti.it/new/senza-categoria/il-caso-gulotta-accolta-la-revisione-dellergastolo-dopo-22-anni-di-carcere (consultato il 3 febbraio 2022).
-
63
Spesso la chiamata di correo è accostata alla confessione al punto di immaginare i due istituti come «due diverse manifestazioni di un’unica fattispecie», così, LUPÀRIA, Luca. La confessione dell’imputato nel sistema processuale penale, Milano, Giuffré, 2006, p. 114.
-
64
Corte d’assise di Reggio Calabria, 13 febbraio 2012, sentenza n. 10137, in: https://www.progettoinnocenti.it/new/senza-categoria/il-caso-gulotta-accolta-la-revisione-dellergastolo-dopo-22-anni-di-carcere, p. 16. (consultato il 3 febbraio 2022)
-
65
Corte d’assise di Reggio Calabria, 13 febbraio 2012, sentenza n. 10137, https://www.progettoinnocenti.it/new/senza-categoria/il-caso-gulotta-accolta-la-revisione-dellergastolo-dopo-22-anni-di-carcere, p. 63-73. (consultato il 3 febbraio 2022)
-
66
Ci si riferisce al poligrafo (utilizzato in alcuni Stati Americani, ma anche in Canada, Israele, Australia e India), alla termografia, al Voice-Stress Analyser, alla Risonanza Magnetica Funzionale e al VeriPol utilizzato, nell’ambito della giustizia predittiva, dalla polizia Spagnola per individuare false testimonianze nelle frodi assicurative, v., LASAGNI, Giulia. La falsa confessione come causa di errori giudiziari. In: LUPÁRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario. Milano, Giuffré, 2021, p. 193-221; DE CATALDO NEUBURGER, Luisella; GULOTTA, Guglielmo. Trattato della menzogna e dell’inganno. Torino, Giuffrè, 2008; EKMAN, Paul. I volti della menzogna, gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali. Firenze, Giunti editore, 2014.
-
67
Tale obbligo è già previsto in diversi ordinamenti giuridici (Alaska, California, Colorado, Connecticut, Delaware, Illinois, Indiana, Kansas, Maine, Maryland, Massachusetts, Michigan, Minnesota, Missouri, Montana, Nebraska, Nevada, New Jersey, New Mexico, New York, North Carolina, Ohio, Oklahoma, Oregon, Texas, Utah, Vermont, Virginia, Washington e Wisconsin).
-
68
In tal senso l’art. 1 comma 8, lett. a) della legge 27 settembre 2021, n. 134 (Delega al governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari) stabilisce che «nell’esercizio della delega i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale devono prevedere la registrazione audiovisiva come forma ulteriore di documentazione dell’interrogatorio che non si svolga in udienza e della prova dichiarativa, salva la contingente indisponibilità degli strumenti necessari o degli ausili tecnici».
-
69
Gli studiosi hanno evidenziato che in coloro che mentono consapevolmente viene registrato il minor numero di movimenti oculari perché concentrati nel generare o richiamare alla memoria risposte falsate oppure intente nel mantenere il contatto visivo con chi hanno di fronte o ancora focalizzati nel minimizzare le distrazioni provenienti dall’ambiente, v., WALCZYK, Jeffrey; GRIFFITH, Diana; YATES, Rachel; VISCONTE, Shelley; SIMONEAUX, Byron; HARRIS, Laura. Lie detection by inducing cognitive load: Eye movements and other cues to the false answers of «witnesses to crimes». Criminal Justice and Behavior. Texas, vol. 39, fasc. 7, p. 887-909, 2012.
- 70
-
71
Tra i valori che spesso vengono invocati allorquando si tratta dei rapporti tra informazione e processo, oltre al principio di imparzialità del giudice, vi è la presunzione di non colpevolezza la quale, pur concepita come garanzia eminentemente endoprocessuale che contraddistingue il giusto processo, ha nondimeno assunto una valenza anche inrelazione alla materia de qua in quanto è indubbio che nell’opinione collettiva la pubblicazione di notizie sulla stampa in ordine all’indagato/imputato determina inesorabilmente l’anticipazione di un giudizio di colpevolezza, v., TRIGGIANI, Nicola. Giustizia penale e informazione. La pubblicazione di notizie, atti e immagini, Padova, CEDAM, 2012, p. 13.
-
72
Tra coloro che ritengono che l’influenza del processo mediatico possa generare errori giudiziari, v., TROISI, Paolo. L’errore giudiziario tra garanzie costituzionali e sistema processuale, Padova, CEDAM, 2011, p. 8-9.
- 73
-
74
Cfr., SPANGHER, Giorgio. «Processo mediatico» e giudici popolari nei giudizi delle corti d’assise, La corte d’assise. Napoli, p. 119-120, 2012; DIDDI, Alessandro. Processi mediatici e misure di protezione dell’imparzialità del giudice. In: ZAFFARONI, Eugenio Raul; CATERINI, Mario (a cura di). La sovranità mediatica. Una riflessione tra etica, diritto ed economia. Padova, CEDAM, 2014, p. 268.
-
75
Cass., sez. III, 12 maggio 2015, n. 23962, secondo la quale «le campagne stampa, quantunque accese, astiose o martellanti o le pressioni dell’opinione pubblica non sono di per sé idonee a condizionare la libertà di determinazione del giudice, abituato ad essere oggetto di attenzione critica senza che per ciò solo ne resti menomata la sua imparzialità», giacché «proprio il debordare non commendevole della cosiddetta giustizia spettacolo, il vedere pagine di giornale o intere puntate di talk show occupate da vicende giudiziarie ancora in corso in cui si sviscerano tesi su tesi, talvolta fantasiose, spesso l’una contraria all’altra […] ha finito per diventare un fenomeno talmente normale che nessuno ci fa più caso».
-
76
Sul punto, v., AMODIO, Ennio. Estetica della giustizia penale. Prassi, media, fiction, Milano, Giuffré, 2016, p. 139, secondo cui «non si riesce a comprendere perché la giustizia mediatica, che ha la forza di denigrare l’imputato o il giudice, non sia in grado di turbare il processo sotto il profilo della formazione del convincimento giudiziale»; in senso conforme, Cass., sez. II, 19 dicembre 2014, n. 2565; Cass., sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 11499; Cass., sez. VI, 6 maggio 2013, n. 22113; Cass., sez. VI, 28 marzo 2013, n. 15741.
- 77
- 78
-
79
Corte d’assise d’appello di Milano, sez. II, 6 dicembre 2011, Peres. Conforti, Est. Tucci, in: https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/1366-la-sentenza-d-appello-relativa-all-omicidio-di-garlasco.
-
80
Cass., sez. I, 18 aprile 2013, n. 44324, p. 73-80. Disponibile in: https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/2618-la-cassazione-sul-delitto-di-garlasco.
-
81
Cass., sez. I, 18 aprile 2013, n. 44324, p. 94. Disponibile in: https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/2618-la-cassazione-sul-delitto-di-garlasco.
-
82
Corte d’assise d’appello di Milano, sez. I, 17 dicembre 2014, n. 55, in: https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/upload/1426517051AssiseApp_MI_Stasi.pdf; Il giudicante ha ritenuto l’imputato colpevole sulla base delle seguenti argomentazioni: la vittima sicuramente è stata stata uccisa da una persona conosciuta; l’alibi fornito dall’imputato non lo elimina dalla scena del crimine; l’assassino è un uomo che calza scarpe n. 42 e Stasi indossa scarpe dello stesso numero (è opportuno notare che sulle scarpe dell’imputato non sono mai state trovate tracce di sangue riconducibili alla vittima); la narrazione fornita dall’imputato circa la scoperta del corpo è incongrua e illogica e, dunque, verosimilmente la versione fornita dallo Stasi corrisponde a quella dell’aggressore non dello scopritore.
-
83
Cass., sez. V, 21 giugno 2016, n. 25799, in: https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/upload/1466779264Cass_25799_16.pdf
-
84
In tal caso si fa riferimento ad un errore giudiziario inteso in senso atecnico e, cioè, ai casi in cui una violenta campagna di stampa circa un caso giudiziario può nuocere all’equità del processo, cfr., Corte Europea dei Diritto dell’Uomo, decisione 14 giugno 2001, Craxi c. Italia (n° 3), n° 63226/2000. Deiure.
-
85
Il 5 ottobre 2020 la Corte d’appello di Brescia ha rigettato la richiesta di revisione presentata dai legali di Stasi sostenendo che gli elementi fattuali che si volevano provare non sarebbero stati idonei, ove eventualmente accertati, a dimostrare che il condannato, attraverso l’esame di tutte le prove, doveva essere prosciolto.
-
86
Al momento dell’entrata in vigore della Costituzione, la norma di riferimento era l’art. 571 c.p.p. del 1930, che attribuiva la facoltà di richiedere la riparazione pecuniaria al solo condannato successivamente assolto in sede di revisione a condizione che provasse di averne bisogno per sé o per la sua famiglia. La disciplina muoveva dal presupposto che l’errore fosse causato dall’azione umana e, quindi, lo Stato era chiamato a riparare il danno non a titolo di responsabilità ma di «soccorso». La persona ingiustamente condannata non poteva vantare un vero e proprio diritto soggettivo al risarcimento del danno subìto, ma solo l’aspettativa di un sussidio da parte dell’erario, così SPANGHER, Giorgio. Riparazione pecuniaria. Enciclopedia del diritto, Milano, Vol. 40, p. 1014, 1989.
-
87
La revisione, che condivide con la riparazione fondamenta costituzionali e finalità, è un mezzo di impugnazione non più diretto, come accadeva nel codice Rocco, a dimostrare l’innocenza del condannato ma a verificare la giustizia delle sentenze, quale risvolto post iudicatum dell’art. 27, comma 2 della Costituzione, in questi termini, D’AIUTO, Marcello. La riparazione dell’errore giudiziario. In: LUPÁRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario. Milano, Giuffré, 2021, p. 730.
-
88
Per ottenere la riparazione il prosciolto non deve aver contribuito all’errore con dolo o colpa grave, infatti, l’art. 643 c.p.p., comma 1, stabilisce che «chi è stato prosciolto in sede di revisione, se non ha dato causa per dolo o colpa grave all’errore giudiziario, ha diritto a una riparazione commisurata alla durata dell’eventuale espiazione della pena o internamento e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna» prevedendo come condizione ostativa alla riparazione.
-
89
Cass. Pen., sez. IV, 22 gennaio 2004, n. 2050, Deiure.
-
90
Sul punto, v., D’AIUTO, Marcello. La riparazione dell’errore giudiziario. In: LUPÁRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario. Milano, Giuffré, 2021, p. 737-741; GENTILE, Alessandra. La riparazione dell’errore giudiziario. In: LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI, Luca; PAOLOZZI, Giovanni (a cura di). Errori giudiziari e Background processuale. Torino, Giappichelli, 2017, p. 156 – 160.
-
91
La domanda di riparazione deve essere proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione dinanzi alla stessa Corte d’appello che l’ha pronunciata (art. 645 c.p.p.). La Corte decide in camera di consiglio con ordinanza ricorribile in Cassazione.
-
92
In alternativa, l’art. 643, comma 2, prevede che la riparazione può essere attuata attraverso la costituzione di una rendita vitalizia o inserimento in un istituto a spese dello Stato, nei casi in cui il danneggiato versi in condizioni di salute che ne compromettano l’autosufficienza e chieda espressamente tale modalità di indennizzo.
-
93
Quanto al danno patrimoniale, potrà rilevare la nascita di obbligazioni risarcitorie a carico, la cessazione dell’impresa, il fallimento o, ancora la mancata conclusione di contratti, l’indegnità a succedere, l’interdizione da una professione o arte o la perdita di prospettive di carriera e di studio. Quanto al danno non patrimoniale, potrà assumere rilevanza la compromissione dello stato di salute dovuto alle angosce, il discredito sociale, il danno all’immagine, un’eventuale separazione o divorzio o, comunque, qualsiasi danno biologico ed esistenziale scaturito dell’ingiusto provvedimento.
- 94
-
95
Di contrario avviso, TURCO, Elga. Ingiusta detenzione e riparazione del danno esistenziale. Cassazione Penale, Milano, vol. 48, fasc. 2, p. 4740, 2008, secondo cui, «L’assenza del termine equa nell’art. 643 c.p.p. non è una dimenticanza del legislatore ma esprime la volontà di ancorare a parametri equitativi la liquidazione delle somme da corrispondere a titolo di riparazione per ingiusta detenzione e a parametri legislativamente tipizzati per le somme da elargire a titolo di riparazione dell’errore giudiziario».
-
96
Nel caso Gulotta lo Stato Italiano ha dovuto pagare una delle più grandi somme di danaro a titolo di riparazione per errore giudiziario (circa sei milioni e mezzo di euro), indennizzo che non compenserà mai i danni fisici, morali, familiari ed economici cagionati alla vittima durante i suoi ventidue anni in carcere da innocente.
-
97
Per una ricostruzione storica dell’istituto, v., MACRILLÒ, Armando. La riparazione per l’ingiusta detenzione cautelare. In: LUPÁRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario, Milano, Giuffré, 2021, p. 752-756.
-
98
L’attuale disciplina esclude la riparazione per le misure cautelari reali e personali diverse dalla custodia cautelare nelle varie forme. Invero, oltre alla ipotesi base di custodia cautelare in carcere (art. 285 c.p.p.), il diritto alla riparazione è riconosciuto anche nelle ipotesi di custodia in luogo di cura (art.286, comma 1, c.p.p.) o negli istituti a custodia attenuata (art. 285 bis c.p.p.)e di arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.). Non è condivisibile la scelta del legislatore di escludere dal diritto alla riparazione l’obbligo di dimora accompagnata dalla prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione, infatti la dottrina maggioritaria considera tale misura non meno lesiva dei diritti individuali rispetto agli arresti domiciliari, in tal senso, COPPETTA, Maria Grazia, La riparazione per ingiusta detenzione, Padova, CEDAM, p. 164, 1993. Sono riparabili tutte le ipotesi di arresto e fermo che risultino ex post ingiuste o ex ante illegittime, v., Corte Costituzionale, 2 aprile 1999, n. 109, per approfondimenti, v., SPAGNOLO, Paola. La riparazione per ingiusta detenzione: verso una tutela sostanziale del diritto alla libertà personale. La Legislazione penale, Torino, p. 5-7, 8 novembre 2017.
- 99
- 100
-
101
Il diritto sorge anche nelle ipotesi in cui sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o venga emesso un provvedimento di archiviazione, purché questi siano divenuti definitivi in quanto non impugnati.
- 102
-
103
Il legislatore non ha previsto la riparazione per ingiusta detenzione in caso di mancato rispetto della normativa di cui agli artt. 274 e 275. La difformità del trattamento è giustificata in giurisprudenza dal fatto che la carenza di esigenze cautelari e il mancato rispetto dei criteri di proporzionalità e adeguatezza sono legati a fattori o di prevenzione o di natura processuale caratterizzati da fluidità e variabilità, cui corrisponde un’ampia discrezionalità del giudice, così TONINI, Paolo, Manuale di procedura penale, Torino, Giuffré, p. 490, 2020.
-
104
Cass. Pen., sez. IV, 23 gennaio 2019, n. 5455, Deiure.
-
105
Ai sensi dell’art. 315 c.p.p., la domanda di riparazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, entro due anni dal giorno in cui la sentenza di condanna o di proscioglimento è divenuta irrevocabile, la sentenza di non luogo a procedere è divenuta inoppugnabile o è stata effettuata la notificazione del provvedimento di archiviazione. Per un esame approfondito sullo svolgimento dell’udienza, v., COPPETTA, Maria Grazia. La riparazione per l’ingiusta detenzione: punti fermi e disorientamenti giurisprudenziali. Rivista Italiana di diritto e procedura penale, Milano, fasc. 4, p. 1329-1334, 2017.
-
106
Cass. Pen., sez. IV, 22 aprile 2010, n. 17664, Deiure.
-
107
Cass. Pen., sez. III, 2 ottobre 2019 (dep. 3 febbraio 2020), n. 4422, Deiure.
-
108
Cass. Pen., sez. IV, 5 dicembre 2018, n. 58298, Deiure.
-
109
Sul punto, la Corte Costituzionale, con sentenza 20 giugno 2008, n. 219, ha affermato che «[…] Per la parte in cui l’indennizzo si correla ad un ristoro del patimento morale subito dall’imputato, pare evidente, infatti, che il grado di sofferenza cui è esposto chi, innocente, subisca la detenzione sia in linea di principio amplificato rispetto alla condizione di chi, colpevole, sia ristretto per un periodo eccessivo rispetto alla pena. Spetterà, peraltro, ai giudici comuni valutare le peculiarità di ciascuna fattispecie loro sottoposta, al fine di adeguarvi l’indennizzo previsto dalla legge, alla luce della compromissione del fondamentale valore della persona umana».
-
110
Cass. Pen., sez. IV, 27 novembre 1992, n. 1366, CED Cassazione penale, 1993. In dottrina, Cfr., GALLUZZO, Fabrizio, Riparazione per ingiusta detenzione, Il penalista, p. 4, 8 settembre 2015.
-
111
Cass. Pen., sez. IV, 3 dicembre 2021, n. 486, Deiure; Cass. Pen., sez. IV, 27 gennaio 2021, n. 6893, Deiure; Cass. Pen., sez. IV, 24 novembre 2017, n. 58001, Deiure; Cass. SS. UU., 30 ottobre 2008, n. 1153, Deiure.
-
112
Cass. Pen., sez. IV, 9 novembre 2021, n. 482, Deiure.
-
113
Cass. Pen., sez. IV, 7 aprile 2021, n. 32971, Deiure; Cass. Pen., sez. IV, 2 dicembre 2020, n. 36478, Deiure; Cass. Pen., sez. IV, 9 dicembre 2008, n. 4159, Deiure.
-
114
Corte d’appello di Firenze, sez. III, n. 2/2016 (ordinanza), udienza 27 gennaio 2017, p. 2.
-
115
Cass. Pen., sez. IV, 8 febbraio 2022, n. 8616, Deiure.
-
116
Prima dell’intervento del legislatore, la giurisprudenza costituzionale era già intervenuta sul tema ampliando progressivamente i casi di riparazione, che, allo stato, non possono più dirsi circoscritti alla sola assoluzione “per motivi completamente liberatori”, v., Corte Costituzionale, 20 giugno 2008, sentenza n° 219. Deiure; Corte Costituzionale, 16 luglio 2004, sentenza n° 230. Deiure.
-
117
Per un’analisi dell’iter legislativo che ha portato alla regolamentazione delle spese di lite nel processo penale, v., FODERÀ, Giovanni Samuele. Ingiusta imputazione: il rimborso delle spese di lite nel processo penale. Giurisprudenza penale web, fasc. 1, p. 21-26, 2022.
- 118
-
119
Sul punto si condivide l’interpretazione estensiva del combinato disposto dell’art. 1 e 3 del decreto, cfr., SPAGNOLO, Paola, Il rimborso per “ingiusta imputazione”: una soluzione forse obbligata ma non pienamente soddisfacente. La Legislazione Penale, Torino, p. 10, 10 marzo 2022.
-
120
Tale diritto, però, non è riconosciuto a colui che abbia beneficiato del patrocinio a spese dello Stato; abbia ottenuto la condanna del querelante alla rifusione delle spese di lite; sia stato assolto da uno o più capi d’imputazione e condannato per altri o sia stata pronunciata sentenza che dichiara estinto il reato per prescrizione o amnistiao, infine, nel caso in cui l’interessato abbia il diritto al rimborso delle spese legali dall’ente da cui dipende ex art. 18 d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge 23 maggio 1997, n. 135.
-
121
Il rimborso avviene a carico del Fondo per il rimborso spese legali per gli imputati assolti, nei limiti delle risorse annualmente assegnate al capitolo di bilancio n. 1265 dello stato di previsione della spesa del Ministero (circa otto milioni l’anno). Ciascuna domanda è accolta nei limiti dell’importo massimo di euro 10.500,00 (art. 2, comma 2, lettera f D. M. 20 dicembre 2021, pubblicato in G.U., n. 15 del 20 gennaio 2022).
- 122
-
123
È importante notare che in questo studio non vi rientrano le cosiddette vittime invisibili cioè coloro che o decidono di non presentare istanza di riparazione per mancanza di disponibilità economiche o si vedono rigettare la richiesta di indennizzo perché hanno contribuito con dolo o colpa grave a causare l’errore, cfr. LATTANZI, Benedetto; MAIMONE, Valentino. Errori giudiziari e ingiusta detenzione, ecco gli ultimi dati più aggiornati. Disponibile in: https://www.errorigiudiziari.com/errori-giudiziari-quanti-sono/, 8 aprile 2021, accesso in: 18 febbraio 2022.
- 124
-
125
Delibera Corte dei Conti, sezione centrale e di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, Equa riparazione per ingiusta detenzione ed errori giudiziari, 16 settembre 2021, n 15/2021/G; sul tema, v., PIERGIOVANNI, Silvia. I costi dell’amministrazione dell’ingiustizia: la relazione della Corte dei conti in tema di equa riparazione per ingiusta detenzione ed errori giudiziari. Sistemapenale, Milano, 24 novembre 2021.
-
126
L’ingresso della scienza nel processo penale ha svolto un ruolo importante nella riparazione degli errori giudiziari «determinando la riapertura di casi irrisolti ovvero il ribaltamento dei casi risolti con eccessiva superficialità, poiché risalenti ad un periodo in cui l’impatto della scienza sul processo era di minore intensità», in questi termini, ALESCI, Teresa, Il corpo umano fonte di prova, Padova, CEDAM, p. 35-36, 2017.
-
Declaration of originality: the author assures that the text herepublished has not been previously published in any other resource and that future republication will only take place with the express indication of the reference of this original publication; she also attests that there is no third party plagiarism or self-plagiarism.
How to cite (ABNT Brazil):
-
MASTRO, Domenico. Le cause degli errori giudiziari e i meccanismi di prevenzione e riparazione delle condanne e imputazioni ingiuste. Revista Brasileira de Direito Processual Penal, vol. 8, n. 3, p.1371-1416, set./dez. 2022. https://doi.org/10.22197/rbdpp.v8i3.716
BIBLIOGRAFIA
- ALESCI, Teresa. Il corpo umano fonte di prova Padova, CEDAM, 2017.
- AMBROSETTI, Mario Enrico. Le cause dell’errore giudiziario: condizionamenti di potere e pressioni mediatiche. Discrimen Pisa, p. 4, 19 febbraio 2019.
- AMODIO, Ennio. Estetica della giustizia penale. Prassi, media, fiction Milano, Giuffré, 2016.
- BENE, Teresa. La verità giudiziaria e i suoi rapporti con il potere. In: LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI, Luca (a cura di). Confessione, liturgie della verità e macchine sanzionatorie Torino, Giappichelli, 2015, p. 41-50.
- BRAVO, Fabio. Indagini informatiche e acquisizione della prova nel processo penale. Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, Bologna, n. 3 - 1, p. 231 – 245, 2009 – 2010.
- BROWN, Jhon. Recall and recognition, Ney York, John Wiley & Sons Inc., 1976.
- BUZZELLI, Silvia. Contraddittorio e contestazioni nell’esame testimoniale: una sbrigativa ordinaria della Corte costituzionale. Giurisprudenza costituzionale, Milano, p. 337, 2002.
- CAPITTA, Anna Maria. Ricognizioni e individuazioni di persone nel diritto delle prove penali Milano, Giuffré, 2001.
- CAVINI, Sofia. Le ricognizioni e i confronti. In: UBERTIS, Giulio; VOENA, Giovanni Paolo (diretta da). Trattato di procedura penale Milano, Giuffré, 2015, vol. 17, p. 1 ss.
- CECANESE, Gianfederico. Aspetti problematici e snodi interpretativi dell’individuazione di persone e di cose. Archivio penale, Pisa, fasc. 1, p. 20 ss., 2018.
- CECANESE, Gianfederico. La ricognizione nella dinamica e nella statica processuale. Archivio penale, Pisa, n. 1, p. 2, 2019.
- COPPETTA, Maria Grazia, La riparazione per ingiusta detenzione, Padova, CEDAM, 1993.
- COPPETTA, Maria Grazia. La riparazione per l’ingiusta detenzione: punti fermi e disorientamenti giurisprudenziali. Rivista Italiana di diritto e procedura penale, Milano, fasc. 4, p.1317, 2017.
- COPPETTA, Maria Grazia. La riparazione per l’ingiusta detenzione: punti fermi e disorientamenti giurisprudenziali. Rivista Italiana di diritto e procedura penale, Milano, fasc. 4, p. 1329-1334, 2017.
- CURTOTTI NAPPI, Donatella, SARAVO, Luigi. L’approccio multidisciplinare nella gestione della scena del crimine. Diritto penale e processo, Milano, n. 5, p. 623, 2011.
- CURTOTTI NAPPI, Donatella; SARAVO, Luigi. L’errore tecnico-scientifico sulla scena del crimine. L’errore inevitabile e le colpe dello scienziato, del giurista, del legislatore. Archivio Penale, Pisa, n. 3, p. 1-7, 2011.
- D’AIUTO, Marcello. La riparazione dell’errore giudiziario. In: LUPÁRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario Milano, Giuffré, 2021, p. 730.
- D’AIUTO, Marcello. La riparazione dell’errore giudiziario. In: LUPÁRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario Milano, Giuffré, 2021, p. 737 – 741.
- DE CATALDO NEUBURGER, Luisella; GULOTTA, Guglielmo. Trattato della menzogna e dell’inganno Torino, Giuffrè, 2008.
- DELLA RAGIONE, Luca. Compendio di procedura penale Roma, Nel diritto, 2014.
- DIDDI, Alessandro. Processi mediatici e misure di protezione dell’imparzialità del giudice. In: ZAFFARONI, Eugenio Raul; CATERINI, Mario (a cura di). La sovranità mediatica. Una riflessione tra etica, diritto ed economia Padova, CEDAM, 2014, p. 268.
- EKMAN, Paul. I volti della menzogna, gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali Firenze, Giunti editore, 2014.
- FELICIONI, Paola. La prova del DNA tra esaltazione mediatica e realtà applicativa. Archivio Penale, Pisa, n. 2, p. 17, 2012.
- FERRUA, Paolo. Giustizia del processo e giustizia della decisione. Diritto Penale e Processo, Milano, n. 10, p. 1201 – 1204, 2015.
- FILIPPI, Leonardo. Intercettazione: habemus legem!. Diritto penale e processo, Milano, n. 4, p. 460, 2020.
- FODERÀ, Giovanni Samuele. Ingiusta imputazione: il rimborso delle spese di lite nel processo penale. Giurisprudenza penale web, fasc. 1, p. 21-26, 2022.
- GALLUZZO, Fabrizio. Riparazione per ingiusta detenzione. Il penalista, Milano, p. 4, 8 settembre 2015.
- GARAPON, Antoine. La justice émotionelle. In: Atti dell’incontro di studi Magistrati e mass media Organizzato dal CSM, Roma, 9 dicembre 2004.
- GAROFALO, Giulio. Da Lavonio ad Avetrana: «appetito di confessione» e intolleranza alla ritrattazione. In: LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI, Luca (a cura di). Confessione, liturgie della verità e macchine sanzionatorie Torino, Giappichelli, 2015, p. 115-128.
- GAROFALO, Giulio. La caduta del mito della «prova regina»: confessione e testimonianza. In: LUPÁRIA Luca; MARAFIOTI, Luca; PAOLOZZI, Giovanni (a cura di). Errori giudiziari e Background processuale Torino, Giappichelli, 2017, p. 42-43.
- GAROFANO, Luciano; PENSIERI, Maria Gaia. La falsa giustizia. La genesi degli errori giudiziari e come prevenirli Modena, Infinito edizioni, 2019.
- GENTILE, Alessandra. La riparazione dell’errore giudiziario. In: LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI, Luca; PAOLOZZI, Giovanni (a cura di). Errori giudiziari e Background processuale Torino, Giappichelli, 2017, p. 156 – 160.
- GULOTTA, Giuseppe. Innocenza e colpevolezza sul banco degli imputati Commento alle linee guida psicoforensi per un processo sempre più giusto. Milano, Giuffré, 2018.
- GULOTTA, Giuseppe; BIONDO, Nicola. Alkamar La mia vita in carcere da innocente. Milano, Chiarelettere, 2015.
- GULOTTA, Guglielmo; MARIENI, Sara. La pupillometria: una tecnica recente per indagare sincerità e menzogna, Il penalista, Milano, p. 3, 23 febbraio 2021.
- LASAGNI, Giulia. La falsa confessione come causa di errori giudiziari. In: LUPÁRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario Milano, Giuffré, 2021, p. 193-221.
-
LATTANZI, Benedetto; MAIMONE, Valentino. Errori giudiziari e ingiusta detenzione, ecco gli ultimi dati più aggiornati Disponibile in: <https://www.errorigiudiziari.com/errori-giudiziari-quanti-sono/>. 8 aprile 2021. Accesso in: 18 febbraio 2022.
» https://www.errorigiudiziari.com/errori-giudiziari-quanti-sono/ -
LATTANZI, Benedetto; MAIMONE, Valentino. Il cameriere innocente, vittima di uno scambio di persona Disponibile in: <https://errorigiudiziari.com>. 13 maggio 2020. Accesso in: 4 febbraio 2022.
» https://errorigiudiziari.com - LOCARD, Edmund, Traité de criminalistique Lyon, Joannès Desvigne et ses fils, 1931.
- LUPÁRIA, Luca, La confessione dell’imputato nel sistema processuale penale. Milano, Giuffré, 2006.
- MACRILLÒ, Armando, La riparazione per l’ingiusta detenzione cautelare. In: LUPÁRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario, Milano, Giuffré, 2021, p. 752-756.
- MAIMONE, Valentino; PALMA, Alessandra; CAPUTO, Serena; FARINONI, Paola. Il caso di Giuseppe Gulotta. In: LUPÁRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario Milano, Giuffré, 2021, p. 907-920.
- MAIMONE, Valentino; PALMA, Alessandra; SCALPELLI, Carlo; CARA, Valter; CANINO, Antonella. Il caso di Angelo Massaro. In: LUPÀRIA, Luca (a cura di). L’errore giudiziario. Milano, Giuffré, 2021, p. 952 - 955.
- MARAFIOTI, Luca. Spinta alla confessione e macchine sanzionatorie: attenzione dei giuristi ed eredità di Foucault. In LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI, Luca (a cura di). Confessione, liturgie della verità e macchine sanzionatorie Torino, Giappichelli, 2015, p. 129-142.
- MONTAGNA, Mariangela, L’assassinio di Meredith Kercher, Anatomia del processo di Perugia, Roma, Aracne, 2012.
- PERUGIA, Diletta. Prevenzione dell’errore e indagini preliminari. In: Errori giudiziari e Background processuale, LUPÁRIA, Luca, MARAFIOTI, Luca, PAOLOZZI, Giovanni (a cura di), Torino, Giappichelli, 2017, p. 29.
- PIERGIOVANNI, Silvia. I costi dell’amministrazione dell’ingiustizia: la relazione della Corte dei conti in tema di equa riparazione per ingiusta detenzione ed errori giudiziari. Sistemapenale, Milano, 24 novembre 2021.
- PIGNATARO, Fabio. L’errore imperscrutabile: ovvero la ricognizione di persona. In: LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI Luca; PAOLOZZI, Giovanni (a cura di). Errori giudiziari e Background processuale Torino, Giappichelli, 2017, p. 57.
- PIGNATARO, Fabio. L’errore imperscrutabile: ovvero la ricognizione di persona. In: LUPÁRIA, Luca; MARAFIOTI Luca; PAOLOZZI, Giovanni (a cura di). Errori giudiziari e Background processuale Torino, Giappichelli, 2017, p. 59.
- POGGI, Anna, CAVALERA, Cosimo, Gli accertamenti tecnici della polizia giudiziaria nell’indagine preliminare, Padova, CEDAM, 2000.
- POPPER, Karl. La società aperta e i suoi nemici In: ANTISERI, Dario (a cura di), Roma, Armando editore, p. 613, 2002.
- PRESSACCO, Luca. Per un’integrazione «convenzionalmente orientata» della riparazione per l’ingiusta detenzione. Rivista Italiana di diritto e Procedura penale, Milano, fasc. 1, p. 319, 2021.
- PRIORI, Silvia. La ricognizione di persone: dal modello teorico alla prassi applicativa. Diritto penale e processo, Milano, fasc. 3, p. 366-374, 2006.
- RICADI, Riccardo. Errori giudiziari ed ingiuste detenzioni nel 2021. Filodiritto, Bologna, 26 marzo 2022.
- RICADI, Riccardo. Errori giudiziari in Europa. Filodiritto, Bologna, 12 gennaio 2022.
- RIVELLO, Pierpaolo. L’errore giudiziario nel dibattimento. In: LUPÁRIA Luca (a cura di). L’errore giudiziario Milano, Giuffré, 2021, p. 468.
-
SARTORI, Giuseppe. Linee guida sul riconoscimento di persona Disponibile in: <https://www.testimonianzapenale.com/lista-argomenti/linee-guida-sul-riconoscimento-di-persona>. Accesso in: 2 febbraio 2022.
» https://www.testimonianzapenale.com/lista-argomenti/linee-guida-sul-riconoscimento-di-persona -
SARTORI, Giuseppe. Riconoscimento di persona ed errore giudiziario Disponibile in: <www.testimonianzapenale.com>. Accesso in: 10 gennaio 2022.
» www.testimonianzapenale.com - SPAGNOLO, Paola. La riparazione per ingiusta detenzione: verso una tutela sostanziale del diritto alla libertà personale. La Legislazione penale, Torino, p. 5-16, 8 novembre 2017.
- SPAGNOLO, Paola. Il rimborso per “ingiusta imputazione”: una soluzione forse obbligata ma non pienamente soddisfacente. La Legislazione penale, Torino, p. 6-7, 10 marzo 2022.
- SPANGHER, Giorgio. «Processo mediatico» e giudici popolari nei giudizi delle corti d’assise. La corte d’assise Napoli, p. 119-120, 2012.
- SPANGHER, Giorgio. Riparazione pecuniaria. Enciclopedia del diritto Milano, Vol. 40, p. 1014, 1989.
- TONINI, Paolo. Manuale di procedura penale, Torino, Giuffré, 2020.
- TRIGGIANI, Nicola. Giustizia penale e informazione. La pubblicazione di notizie, atti e immagini, Padova, CEDAM, 2012.
- TRIGGIANI, Nicola. Ricognizioni mezzo di prova nel nuovo processo penale Milano, Giuffré, 1998.
- TROISI, Paolo. L’errore giudiziario tra garanzie costituzionali e sistema processuale Padova, CEDAM, 2011.
- TURCO, Elga. Ingiusta detenzione e riparazione del danno esistenziale. Cassazione Penale, Milano, vol. 48, fasc. 2, p. 4740, 2008.
- TURCO, Elga. L’equa riparazione tra errore giudiziario e ingiusta detenzione. Milano, Giuffré, 2007.
- VALLI, Roberto. Valutazione dell’affidabilità dell’indagine genetica svolta con la violazione di «protocolli» e linee guida: utilizzabilità del risultato raggiunto. Diritto penale contemporaneo, Milano, fasc. 12, p. 28-29, 2018.
- WALCZYK, Jeffrey; GRIFFITH, Diana; YATES, Rachel; VISCONTE, Shelley; SIMONEAUX, Byron; HARRIS, Laura. Lie detection by inducing cognitive load: Eye movements and other cues to the false answers of «witnesses to crimes». Criminal Justice and Behavior, Texas, vol. 39, fasc. 7, p. 887-909, 2012.
Publication Dates
-
Publication in this collection
28 Nov 2022 -
Date of issue
Sep-Dec 2022
History
-
Received
13 May 2022 -
Reviewed
31 May 2022 -
Reviewed
23 June 2022 -
Reviewed
14 July 2022 -
Reviewed
22 July 2022 -
Reviewed
03 Aug 2022 -
Reviewed
30 Aug 2022 -
Accepted
12 Oct 2022