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Letteratura e televisione: la traduzione intersemiotica di Anarchici Grazie a Dio di Zélia Gattai

Literatura e Televisão: a traducão intersemiótica de Anarquistas, Graças a Deus, de Zélia Gattai

ABSTRACT

L’articolo propone uno studio sui concetti di tempo e narrazione, e successivamente sul dialogo tra letteratura e televisione, ovvero tra discorso narrativo e discorso televisivo, in un processo di traduzione intersemiotica. Oggetto di analisi è l’opera autobiografica “Anarchici Grazie a Dio” che Zélia Gattai, memorialista brasiliana di origini italiane, figlia e nipote di emigranti italiani, moglie del famoso scrittore Jorge Amado, pubblica in Brasile nel 1979. Opera di successo, verrà riproposta alla TV Globo nel 1984 come miniserie con lo stesso titolo del libro. Per il presente studio si considerano i tre livelli dell'operazione mimetica dell'azione proposti da Paul Ricoeur, sintetizzati nei tempi di prefigurazione, configurazione e rifigurazione. Da lì partiremo per fare alcune considerazioni sull'autobiografia come configurazione, come finzione e immaginazione: è l’orizzonte immaginifico di cui parla Vicent Crapanzano. Di seguito, partendo dai concetti di Jakobson, viene analizzata la riconfigurazione dell'opera letteraria nella Televisione brasiliana, prendendo in considerazione anche la rappresentazione degli immigrati italiani.

PAROLE CHIAVE:
autobiografia; Zélia Gattai; immigrazione italiana; teledrammaturgia brasiliana; traduzione Intersemiotica.

RESUMO

O artigo propõe um estudo sobre os conceitos de tempo e narração e, posteriormente, sobre o diálogo entre literatura e televisão, ou entre discurso narrativo e discurso televisivo, num processo de tradução intersemiótica. O objeto de análise é a obra autobiográfica Anarquistas Graças a Deus que Zélia Gattai, memorialista brasileira de origem italiana, filha e neta de emigrantes italianos, e esposa do famoso escritor Jorge Amado, publicou no Brasil no ano de 1979. Obra de sucesso, foi ao ar na TV Globo em 1984 em versão minissérie, com o mesmo título do livro. Para o presente estudo utilizamos os três níveis da operação mimética da ação propostos por Paul Ricoeur, resumidos nos tempos de prefiguração, configuração e refiguração. A partir daí teceremos algumas considerações sobre a autobiografia como configuração, ficção e imaginação chegando ao “horizonte imaginativo” de Vicent Crapanzano. A reconfiguração da obra literária na Televisão brasileira é analisada a seguir, partindo dos conceitos de Roman Jakobson e levando em consideração também a representação dos imigrantes italianos.

PALAVRAS - CHAVE:
autobiografia; Zélia Gattai; imigração italiana no Brasil; teledramaturgia brasileira; tradução intersemiótica.

Memorialista, fotografa, scrittrice, Zélia Gattai (1916-2008) nasce in Brasile nella città di São Paulo, nell'Alameda Santos, 8, che diventerà famosa grazie ad Anarchici, grazie a Dio, la sua prima opera. I genitori, immigrati dall'Italia con le loro famiglie fin da bambini, sono Angelina Da Col ed Ernesto Gattai. I due si sposano nel 1904, e, prima di Zélia, hanno quattro figli: Remo, Mário, detto Tito, Wanda e Vera. Ernesto ha un'officina meccanica e vende automobili; Angelina, prima del matrimonio, lavorava in una fabbrica tessile fin dalla tenera età di 9 anni. Sono due liberi pensatori. Negli ultimi decenni del XIX secolo, São Paolo era una piccola città con strade tortuose ed edifici coloniali a un piano. Nei primi anni del XX secolo, però, si verifica una notevole crescita demografica, grazie all'immigrazione: su tre residenti, due sono immigrati italiani. Crescono trasporti e infrastrutture, sorgono le fabbriche. Il settore privato interviene negli spazi urbani, soprattutto in quelli delle classi sociali più elevate.

Parallelamente all'arrivo di importanti ondate di immigrati in città, le élites abbandonano le fazendas e costruiscono le loro residenze permanenti nella capitale dello stato paulista. Nell’organizzazione degli spazi e nelle modalità di occupazione della scena urbana, la città mostra tutta la complessità di un processo di crescita improvviso ed estremamente rapido, dei conflitti sociali e di una grande diversità nella composizione della popolazione. Passato e presente convivono fianco a fianco, dando maggiore visibilità ai contrasti: i carretti o gli animali da soma che attraversano il centro devono passare per l’Alameda Santos, cugina povera dell’ Avenida Paulista, la strada dei ricchi, dove viaggiano auto e tram elettrici.

Dal 1870 in poi, l'immigrazione in Brasile contribuisce in modo decisivo ad aumentare il numero dei lavoratori stranieri, forza lavoro conveniente per la nascente industria. Arrivano anche molti lavoratori anarchici che, per la loro coscienza sociale ed esperienza di lotta, contribuiscono alla creazione di organizzazioni operaie e sindacali, sostenute da una stampa sociale combattiva. La percentuale di lavoratori di origine straniera, nel caso di São Paolo, ha raggiunto il 90%. Le organizzazioni dei lavoratori ottengono vittorie in campo economico, attraverso l'aumento dei salari, la riduzione dell'orario di lavoro, una maggiore sicurezza e la limitazione del lavoro minorile. Tuttavia, gli anni '20 furono disastrosi per il movimento operaio perché, durante il governo di Arthur Bernardes, la repressione si intensificò (Silva, 2000SILVA, Jorge E. O nascimento da organização sindical no Brasil e as primeiras lutas operárias. Rio de Janeiro: Achiamé, 2000, pag. 7, nostra traduzione)1 1 A partir de 1870, a imigração no Brasil contribui decisivamente para aumentar o número de trabalhadores estrangeiros, mão-de-obra conveniente para a nascente indústria. Chegaram também muitos trabalhadores anarquistas que, pela sua consciência social e experiência de luta, contribuíram para a criação de organizações operárias e sindicais apoiadas por uma combativa imprensa social. O percentual dos trabalhadores de origem estrangeira, no caso de São Paulo, chegou a ser de 90%. As organizações dos trabalhadores obtiveram vitória no campo econômico, como aumento de salários, redução de horário de trabalho, maior segurança, limitação de trabalho infantil. Os anos 1920 foram, porém, desastrosos para o movimento operário, porque, durante o governo de Arthur Bernardes, a repressão foi intensificada.

La televisione non esiste ancora, ma sui grandi schermi compaiono le immagini in bianco e nero del cinema muto, contornate dalla musica dal vivo. A casa Gattai, Angelina racconta storie in dialetto veneto e recita proverbi italiani; Vera, la sorella maggiore di Zélia, ama la poesia e le insegna a recitare versi. Ernesto è un grande narratore, e i bambini si riuniscono intorno a lui per ascoltare storie sicuramente apprese dalla mamma. Zélia, durante tutta la sua lunga vita, avrà sempre un grande piacere nel ricordare quel momento:

È stato grazie a mio padre che ho capito cosa fosse un mondo socialista, un mondo di pace, libero dalle ingiustizie. Così, Luís Carlos Prestes, che a cavallo attraversò il Brasile, alla testa dell'eroica Colonna Prestes, fu il Robin Hood della mia infanzia (Roscilli, 2006ROSCILLI, Antonella Rita. Zélia de Euá rodeada de Estrelas. Salvador: Casa de Palavras, 2006. , p. 20, nostra traduzione)2 2 Foi graças a meu pai que compreendi o que era um mundo socialista, um mundo de paz, livre das injustiças. Assim, Luís Carlos Prestes, que em seu cavalo atravessava o Brasil, à frente da heróica Coluna Prestes, foi o Robin Hood da minha infância. .

In questa casa di liberi pensatori, Zélia apprende la storia del nonno paterno, Francesco Arnaldo Gattai: un anarchico, un sognatore, arrivato in Brasile con un gruppo di più di cento persone, nel tentativo di creare una comunità socialista sperimentale in terra brasiliana. Invece, suo nonno materno, Eugênio Da Col, arrivò in Brasile con la sua famiglia dopo l'abolizione della schiavitù, per sostituire il lavoro degli schiavi e lavorare come colono in una piantagione di caffè, a Cândido Mota, nello stato di São Paolo. Zélia vive la sua infanzia in mezzo alle prime manifestazioni politiche operaie e sindacali. Più tardi, mentre condivide la sua vita con lo scrittore Jorge Amado (la condivideranno per 56 anni pieni di amore e rispetto reciproco), e i loro due figli João Jorge e Paloma, per tre anni, Zélia scrive i ricordi dei suoi genitori, di un'infanzia e un'adolescenza ricche di eventi, ricordando la vita quotidiana degli immigrati italiani. Termina di scrivere il libro nel maggio 1979 nella loro casa di Pedra do Sal, a Salvador Bahia. Così nasce Anarchici, grazie a Dio, pubblicato nello stesso anno in Brasile dalla casa editrice Record. Zélia lo firma con il suo cognome da nubile, non volendo attirare l'attenzione sul suo cognome Amado. Intervistata il 20 maggio 1984 dal giornale Diário Popular, così commenta:

Se i miei genitori fossero vivi, considererebbero una grande audacia scrivere un libro. Infatti mia madre mi ha sempre definito una impertinente. Pensavo che non si prendesse molta cura di me, che le piacessero di più gli altri figli, che non avesse per me lo stesso affetto. Scrivere questo libro è stato fondamentale per ritrovare mia madre, perché fino ad allora c'era stato solo mio padre, l'uomo migliore del mondo, buono, onesto. Quando ho iniziato a scrivere il libro ho capito che mia madre sapeva che io avevo una stella che mi guidava. All'improvviso scoprii che lei era formidabile (Nostra traduzione).3 3 Se meus pais estivessem vivos, considerariam muito audacioso escrever um livro. Na verdade, minha mãe sempre me chamou de atrevida. Achei que ela não cuidava muito de mim, que gostava mais dos outros filhos, que não tinha o mesmo carinho por mim. Escrever este livro foi fundamental para encontrar minha mãe, pois até então só existia meu pai, o melhor homem do mundo, bom, honesto. Quando comecei a escrever o livro percebi que minha mãe sabia que eu tinha uma estrela me guiando. De repente descobri que ela era formidável.

Con quest'opera Zélia Gattai vince il Prêmio Paulista de Revelação Literária (1979), il Prêmio Dante Alighieri (1980) e il Diploma de sócia benemérita da Ordem Brasileira dos Poetas da Literatura de Cordel (1980). A partire da qui, la scrittrice si tuffa nella propria memoria e non smetterà più di scrivere. Pubblicherà undici libri di memorie, un romanzo, una biografia fotografica e tre racconti per bambini. È importante qui ricordare che il libro Anarchici grazie a Dio ottiene un successo tale che il regista Walter Avancini decide di adattarlo per la televisione. Sottolineiamo il fatto che questo adattamento differisce da altre produzioni televisive almeno in alcuni aspetti: è il primo adattamento letterario in formato miniserie della Rede Globo, la prima coproduzione internazionale della Globo e l'ultima miniserie realizzata da Walter Avancini all'interno del Núcleo Paulista, da lui diretto, che viene disattivato senza sapere se e quando la miniserie verrà trasmessa in televisione. La miniserie, prodotta da Rede Globo e Retequattro (all’epoca della Mondadori), adattata da Walter George Durst, con i registi Silvio Francisco e Hugo Barreto, viene trasmessa nel 1984, con un vasto pubblico, e successivamente viene acquistata da diversi paesi. In Italia va in onda su Telemontecarlo. É trasmessa nuovamente da TV Globo nel 1986, da Canal Futura nel 2000 e venduta in DVD da Som Livre nel 2008. È stata adattata anche per il teatro, e rappresentata con successo nelle sale brasiliane. L'opera letteraria, con più di duecentomila copie vendute in Brasile, è stata poi tradotta in francese, spagnolo, tedesco e russo. In Italia la Ia edizione fu pubblicata nel giugno 1983 col titolo Anarchici, Grazie a Dio, per la Frassinelli editore.

Il libro racconta l'infanzia e l'adolescenza di Zélia, vissute tra limiti e sacrifici, ma colorate di emozioni e ricche di avvenimenti. È la storia della famiglia Gattai, arrivata in Brasile nel febbraio 1890, insieme ad altri immigrati, per vivere in una colonia socialista sperimentale, Colônia Cecília, organizzata da un gruppo anarchico. La colonia venne sostenuta dall'imperatore Dom Pedro II, ma, con la proclamazione della Repubblica, con l'esilio di lui e dell'imperatrice D. Teresa Cristina di Borbone, la colonia incontrò enormi difficoltà, sciogliendosi quattro anni dopo, nel 1894. Oltre a ricordare le storie ascoltate, Zélia è molto attenta nell'evocare fatti quotidiani: la vita in casa, per strada, nel quartiere e in città. Come ultima figlia, partecipa a tutte le attività sociali e politiche della famiglia che, come dice il titolo del libro, è anarchica, e con grande orgoglio. Come sfondo, l'opera affronta gli avvenimenti storici di quegli anni: il proliferare delle assemblee operaie, il processo Sacco e Vanzetti, l'instaurazione del fascismo in Italia, lo sviluppo urbano della tranquilla San Paolo, la descrizione delle strade e dei quartieri popolari con i suoi lampioni a gas o la musica ascoltata dal grammofono a manovella. Si intrecciano anche le storie delle avventure dei nonni materni italiani, i Da Col, di Pieve di Cadore (Veneto), venuti per sostituire gli africani ridotti in schiavitù nelle piantagioni di caffè.

Il difficile viaggio degli immigrati, dopo estenuanti settimane in mare, stipati nella stiva della nave, si conclude nel porto di Santos, dove vengono disinfettati, interrogati ed “in fila passano al dipartimento medico, per un controllo finale, prima di essere rilasciati” (Gattai, 2000GATTAI, Zélia. Anarchici grazie a Dio. Milano: Sperling & Kupfer, 2000. (Collana “Continente Desaparecido”)., p. 158). La descrizione degli eventi costituisce una ricca memoria storica che, come scrive lo stesso Jorge Amado nella prefazione del libro, “è importante per la comprensione dello sviluppo del paese e delle sue radici culturali” (Gattai, 2000GATTAI, Zélia. Anarchici grazie a Dio. Milano: Sperling & Kupfer, 2000. (Collana “Continente Desaparecido”)., p. 6).

È una saga raccontata con la semplicità di chi scava nei ricordi, negli affetti, e rivede il passato con gli occhi di fanciullo. In Anarchici, grazie a Dio, Zélia ritorna ad un tempo passato che diventa presente nella ricreazione del suo sguardo di bambina. Si tratta di una preziosa testimonianza storica, ma allo stesso tempo è un racconto in prima persona che fornisce una immagine complessiva della società e della vita di allora. Ci sono due voci che proiettano dentro di sé il loro mondo, cioè lo spazio e il tempo che sono specifici di Zélia, perché ha la sua esperienza e il suo modo unico di conoscere e mostrare la vita attraverso il racconto:

Il racconto in prima persona può essere definito come un locus privilegiato di incontro tra la vita intima dell'individuo e la sua iscrizione nella storia sociale e culturale, dando così luogo a un'autobiografia. L’autobiografia, diventando discorso narrato da parte del soggetto, autore e protagonista, stabilisce sempre un campo di rinegoziazione e (re)invenzione identitaria (Carvalho, 2003CARVALHO, Isabel Cristina Moura. Biografia, identidade e narrativa: elementos para uma análise hermenêutica. Horizontes Antropológicos, Porto Alegre, v. 9, n. 19, jul. 2003., p. 284, nostra traduzione)4 4 Pode-se definir o auto-relato como um locus privilegiado do encontro entre a vida íntima do indivíduo e sua inscrição na história social e cultural originando-se assim uma autobiografia. A autobiografia, ao tornar-se discurso narrado pelo sujeito, autor e protagonista, instaura sempre um campo de renegociação e (re)invenção identitária. .

Ma la (re) invenzione acquista senso solo nella misura in cui è capace di intrecciare i significati, resi contestualmente disponibili, con la sostanza viva dell'esperienza del narratore. Ciò evidenzia il valore dell’esperienza temporale come fonte e possibilità di narrazione. Tempo e narrazione sono perciò inseparabili. “Il tempo diventa tempo umano nella misura in cui si articola in modo narrativo; d’altro canto il racconto è significativo nella misura in cui delinea tracce dell’esperienza temporale” (Ricoeur, 1986RICOEUR, Paul. Tempo e racconto. Milano: Jaca Book, v. 1, 1986., p. 15). Questo tempo risponde dunque a significati che riguardano lo sviluppo delle persone, poiché delinea una prospettiva sui destini dell’essere umano nella sua dimensione personale e sociale.

Concependo la narrativa come un processo, in cui i significati emergono da un rapporto di interdipendenza tra il processo di costruzione della trama e la configurazione temporale di quest'ultima, Ricoeur esplora la narrativa basata sulla teoria della costruzione della trama nella Poetica di Aristotele e il tempo basato sulle teorizzazioni delle Confessioni di Sant'Agostino. Due idee centrali nella concezione agostiniana del tempo sono alla base delle sue possibilità metodologiche per lo studio della narrativa. In primo luogo, definendo il tempo non come un fenomeno fisico, ma come un processo dell'anima, sant'Agostino sposta la concezione del tempo da una materialità esterna, legata ai fenomeni fisici, alla dimensione psicologica.

Nell'anima esiste un solo tempo, il presente, che si divide in tre: il presente del passato, il presente del presente e il presente del futuro. Il passato si ripresenta nell'anima come memoria, il presente è attenzione ad ogni attimo, e il futuro è sempre presente sotto forma di attesa. Questa prospettiva fornisce contributi essenziali al rapporto tra tempo e narrativa. Il primo è che, svolgendosi nell'anima e dipendendo dal linguaggio, il tempo agostiniano si avvicina ai processi della narrazione, che è anche un fenomeno psicologico specifico del linguaggio umano. La seconda conseguenza di questa triplice temporalità ispira l’idea che la narrazione sia un processo tridimensionale, poiché si basa su una temporalità che ha questa natura. Il terzo contributo è il concatenamento di questi tre doni, che permette di comporre i fatti dell'esperienza senza che la fattualità di un tempo cronologico sia decisiva per i significati costruiti.

È in Aristotele che Ricoeur ritrova il concetto di narrativa come mimesis dell'esperienza. Come per il filosofo greco, per Ricoeur il concetto di mimesis non è quello di pura imitazione, ma si riferisce, piuttosto, a un processo di creazione e ricreazione dell'esperienza che prende la forma dell'azione narrata: “Se continuiamo a tradurre mimesis con imitazione, dobbiamo intendere l'esatto contrario del ricalco di una realtà preesistente e parlare di imitazione creativa” (Ricoeur, 1986RICOEUR, Paul. Tempo e racconto. Milano: Jaca Book, v. 1, 1986., p. 80). Sulla base di questa idea, Ricoeur intende la narrativa non come un prodotto, ma come un processo che continua oltre la costruzione di una trama specifica. La narrazione ha il suo punto di partenza nella comprensione storicamente sviluppata e condivisa dalle persone su se stesse e sul mondo, e ha il suo punto di arrivo nell'espansione, trasformazione e approfondimento di questa comprensione. Individuati i punti di inizio e di fine, Ricoeur si propone il compito di stabilire le relazioni tra tempo e narrazione. Tali relazioni si basano sulla tesi che la narrazione è una risorsa del tempo umano per organizzare, in termini di processi psicologici umani, esperienze che altrimenti rimarrebbero disperse nell’opacità dell’assenza di cultura e simboli.

Mettendo in relazione il tempo umano con la narrazione, Ricoeur spiega infatti un percorso attraverso il quale la mediazione simbolica libera il tempo umano dai limiti della materialità e lo costituisce come risorsa organizzativa dell'esperienza in vista del significato. Il legame inscindibile tra l’esperienza e la sua (ri)elaborazione nella condizione narrativa - come apertura per rivivere, e allo stesso tempo ricreare, ciò che è stato vissuto - è centrale nell’analisi dei racconti autobiografici. Ciò che è in gioco in questa trama dell'esistenza narrata è la tensione permanente tra le forze organizzatrici dell'ordine e dell'accordo e le forze del disaccordo, del caos, della sorpresa, dell'inaspettato e dell'arbitrario del destino.

È quindi attraverso il ruolo articolatore della trama dell'intrigo che verrà compresa la mediazione fondamentale tra tempo e narrazione. Come Ricoeur riconosce, la temporalità in quanto filo tessuto dalla narrazione, non si trova originariamente in Aristotele, che ignora gli aspetti temporali della trama dell'intrigo. Per il filosofo greco il tempo è trattato come un tempo oggettivo, misurabile, presente nel campo della physis e assente nella sfera narrativa. Ma, proprio nella tensione della mimesi con gli attributi della temporalità vissuta, evidenziata dalla concezione agostiniana, Ricoeur costruirà il suo concetto di narrazione, come articolazione temporale dell'azione: “[...] seguiamo, quindi, il destino di un tempo prefigurato in un tempo rifigurato, attraverso la mediazione di un tempo configurato” (Ricoeur, 1986RICOEUR, Paul. Tempo e racconto. Milano: Jaca Book, v. 1, 1986., p. 93).

I tre livelli di operazione mimetica dell’azione (Mimesis I, II e III), proposti da Ricoeur, sono riassunti nei tempi di prefigurazione, configurazione e rifigurazione. Questi tempi costituiscono le mediazioni simboliche costitutive dell'atto del narrare e, come tale, dell'esperienza complessiva stessa. In questo modo, l'atto narrativo passa da un tempo dell'azione prefigurato, sul piano del vissuto e dell'esperienza in Mimesis I, a un tempo simbolicamente configurato dalla composizione narrativa in Mimesis II, in vista di comunicare a qualcuno un'esperienza, che caratterizza il terzo tempo come tempo dell'alterità, in cui ciò che viene narrato viene comunicato a qualcuno. Il tempo viene così rifigurato in Mimesis III, che restituisce all'azione il tempo vissuto dal lettore, completando il ciclo di queste operazioni narrative, in cui il significato non finisce mai nella chiusura o nella cristallizzazione.

Ricoeur prosegue nella sua analisi traendo conseguenze da quello che propone come terzo tempo, costituito dall'intersezione tra le intenzioni referenziali tipiche della storia e della finzione in relazione al tempo. La domanda da lui posta è formulata nei seguenti termini: “In che misura l’intreccio delle intenzioni ontologiche di storia e finzione costituisce una risposta adeguata al reciproco occultamento delle due prospettive, fenomenologica e cosmologica, nel tempo?” (Ricoeur, 1988RICOEUR, Paul. Il tempo raccontato. Milano: Jaca Book, v. 3, 1988., p. 378). Per rendere conto delle antinomie su cui poggia la sua riflessione - tempo cosmico e immaginario, funzione di rappresentazione del passato storico, e effetti dell'incontro tra il mondo del testo e il mondo del lettore, compenetrazioni di storia e finzione attraverso la finzione della storia e la storicizzazione della finzione - Ricoeur introduce la nozione di identità narrativa. L'identità nell'ermeneutica dell'autore è un'identità narrativa (presuppone memoria, collettività, istituzioni) intesa come “frutto di una vita esaminata” e come categoria pratica.

Con questa importante categoria pratica, presentata come la soluzione poetica del circolo ermeneutico, è possibile cogliere il “chi” dell'azione, senza rinchiuderlo in un identità stabile. Al contrario, l'identità narrativa costitutiva del soggetto permette di comprenderlo nel cambiamento, includendo la mutevolezza nella coesione di una vita: il soggetto si mostra allora costituito allo stesso tempo come lettore e scrittore della propria vita. Come verifica l'analisi letteraria dell'autobiografia, il racconto di una vita non cessa di essere rifigurato da tutte le storie vere o immaginarie che un soggetto racconta di sé. Questa riconfigurazione rende la vita stessa un tessuto di storie narrate.

Applicando questi principi all'opera di Zélia Gattai, possiamo dire che negli anni '20 del secolo XX, Zélia vive diversi eventi personali e storici (Mimesis I - prefigurazione): feste operaie, vita quotidiana nei quartieri di Brás e Bixiga; la saggezza di nonno Eugenio; i ricordi di Oreste Ristori, Alessandro Cerchiai e altri leggendari anarchici; l'affetto per il cagnolino Flox; la propria vita a casa con i suoi genitori e fratelli. È il momento presente della sua vita di ragazza in una società in cambiamento. Da adulta, a 60 anni, come scrittrice della propria vita, configura un tempo all'interno della narrazione (Mimesis II - configurazione) e guarda a Zélia come ad una ragazzina che, con la sua esperienza, ricorda oggetti, animali e persone che la circondavano all’epoca, creando così un racconto in prima persona, un’ opera letteraria.

Successivamente, l'opera verrà adattata ad un nuovo sistema di segni, diventando una miniserie attraverso l’adattamento televisivo di Walter George Durst (Mimesis III - rifigurazione). Verrà riconfigurata e strutturata in puntate per il pubblico televisivo, con tempi e linguaggi diversi, tenendo conto della ricostruzione dell'opera, e della sua ricezione presso il pubblico e sulla stampa nazionale e internazionale. Nella configurazione dell'opera, Zélia cerca nel profondo del suo passato, esplora uno spazio interiore che, in modo frammentato, configura eventi, volti, storie ascoltate, suoni, odori - sia un rumore di posate, l'odore della pasta o il sapore di un antico purgante -, cosicché la narrazione presenta una composizione architettonica di ricordi rievocati, poiché è importante non solo ciò che ha vissuto, ma il tessuto del suo ricordo.

Gli immigrati italiani in Brasile rappresentano un gruppo sociale che ricostruisce una serie di simboli della terra d'origine, simboli di appartenenza e identità che Zélia ricrea nel suo libro: è il pranzo della domenica, tutti seduti attorno alla tavola, il valore della famiglia, il valore del lavoro, sono le riunioni politiche delle “Classi Operaie”, la “sala per feste e conferenze situata al primo piano di una casa a due piani in rua do Carmo, nel centro della città” (Gattai, 2000GATTAI, Zélia. Anarchici grazie a Dio. Milano: Sperling & Kupfer, 2000. (Collana “Continente Desaparecido”)., p. 171), ci sono le feste del santo patrono, i balli, la Pasquella e altre esperienze vissute nella sua infanzia. Queste esperienze, una volta raccontate, traspongono la vita nella documentazione narrativa, diventano testi che si attengono alle regole di genere e alle convenzioni che governano questo ambito. Quindi, come abbiamo già sottolineato, il narratore del racconto non può coincidere completamente con il personaggio protagonista dell'azione, a cominciare dal non condividere con lui le condizioni di spazio e di tempo. Con ciò risalta la disgiunzione tra il soggetto che narra (narratore) e il focus narrativo, anche se nell'autobiografia si tratta di un focus in prima persona, del tipo Io-protagonista.

La condizione di Zélia che racconta la sua vita, la pone in una posizione che è, allo stesso tempo, quella di autrice e interprete di se stessa. Zélia rivisita e configura una realtà, attingendo a varie storie e pratiche quotidiane, intrecciate nella complessità dei vari atti e gesti dei personaggi che vivono nella sua memoria e che interpreta, creando l'identità narrativa del suo essere ragazzina. Dona segni irriducibili a fatti e oggetti. Non si tratta di un ritorno all'attendibilità della descrizione, ma di resoconti frammentari che rileggono e riscrivono i vari eventi e assorbono conversazioni che portano punti di vista individuali e collettivi, nonché ricordi appresi da bambina.

In questo senso, la storia della vita di Zélia va oltre l'universo della figlia di immigrati italiani che, anni dopo, sposerà il famoso scrittore brasiliano Jorge Amado, perché la sua storia suggerisce percorsi di ricerca storica, sia in Italia che in Brasile, ad esempio, aggiungendo informazioni ai documenti prodotti da gruppi anarchici, comunisti e della polizia. Tra i temi storici e sociali del libro, tra gli altri, si possono elencare: motivi principali dell'immigrazione italiana in Brasile, la genesi del movimento anarchico in Brasile; il pensiero liberale di Dom Pedro II; il ruolo delle donne come agenti sociali; le pratiche di lettura della famiglia anarchica; le utopie libertarie degli immigrati italiani e spagnoli a São Paolo; le posizioni anticlericali e antifasciste; la resistenza anarchica e i suoi leader politici; la configurazione del movimento femminista in Brasile; strategie di propaganda politica.

Tra le righe, si individuano matrici interpretative dei conflitti sociali e politici che segnano il percorso di innumerevoli famiglie di immigrati italiani, trasformate dalla dittatura in indesiderabili del regime. Accanto alla realtà raccontata di ciò che è stato, l'opera contiene la narrazione di quella che sarebbe potuta divenire una realtà stabile: l'esperimento socialista della Colônia Cecília. È vero che questo esperimento dura solo pochi anni (1890-1894) e si riduce ad un'utopia, ma il sogno perseguito dalla famiglia di Zélia diventa, in un certo senso, parte integrante della storia brasiliana, perché sono i valori stessi che esistono nella Colonia e negli anarchici che offriranno le radici al sindacalismo di São Paulo. Anarchici e immigrati italiani, sognatori e lavoratori, con la speranza di una vita migliore, si ritrovano in un Paese giovane, il Brasile, il Paese della Cocanha, dove si diceva che il denaro cresceva sugli alberi.

È interessante notare che, nell'apparente frammentazione degli episodi ricordati, Zélia riesce ad unire il racconto anche attraverso la frase di apertura e quella finale dell'opera. Il libro inizia con il capitolo dal titolo “Alameda Santos Numero 8”: “Sono nata, cresciuta, ed ho vissuto parte della mia adolescenza in una grande casa antica, al numero 8 di Alameda Santos”(Gattai, 2000GATTAI, Zélia. Anarchici grazie a Dio. Milano: Sperling & Kupfer, 2000. (Collana “Continente Desaparecido”)., p. 5). Così viene descritta la casa, il luogo dove lei è nata e dove si sono sviluppati tutti i legami familiari. L'opera si conclude con il capitolo dal titolo “Rocco Andretta ci visita in ora inaspettata” che racconta la visita del proprietario (anche lui immigrato italiano), che intende riprendersi la casa. Il libro si conclude così, facendo una traduzione letterale del tempo verbale: “Mi si strinse la gola e piansi. In quella grande casa ero nata e cresciuta, lì avevo vissuto, lì avevo sognato le fantasie della mia infanzia e dell’adolescenza” (Gattai, 2000GATTAI, Zélia. Anarchici grazie a Dio. Milano: Sperling & Kupfer, 2000. (Collana “Continente Desaparecido”)., p. 276). È possibile notare che l'uso del passato remoto (nacqui) è strettamente legato alla distanza nel tempo che dà un significato quasi mitico a quella casa e a quel tempo in cui visse Zélia, ma il trapassato prossimo del verbo usato per concludere l'opera (ero nata), rompe con l'idea di tempo escatologico e indica, al contrario, un processo passato prima di un altro, segnalando un fatto passato in relazione a un altro anch'esso nel passato, il passato del passato, qualcosa che è accaduto prima di un altro evento anch'esso passato.

In definitiva, è il tempo creato dalla narrazione di cui parla Paul Ricoeur, un tempo che Zélia configura, un tempo di sogni e di speranza, un tempo diverso da quello che viveva quando scrisse l'opera, nel 1979, cioè il tempo della dittatura brasiliana. Nel 1979, il pericolo è parlare di comunisti e, al contrario, si può parlare di anarchici, perché i vecchi anarchici sono considerati solo come sognatori, fermi sull’orizzonte dell’utopia, perché non sono “contro la storia”, ma totalmente “fuori della storia”. Raccontare la storia quotidiana degli ex immigrati anarchici italiani in lotta non costituisce quindi più una minaccia. Si può ricordare questo periodo quasi come se fosse un mito (Roscilli, 2011ROSCILLI, Antonella Rita. Da palavra à imagem em “Anarquistas graças a Deus” de Zélia Gattai. Salvador: Edufba, 2011., p. 202). Ciò contribuisce e alimenta la creazione di un immaginario letterario, un arrière-pays, un orizzonte immaginifico, al quale il il professore di Antropologia e Letteratura Comparata Vincent Crapanzano dedicherà il libro “Orizzonti dell’immaginario”. L’orizzonte immaginativo per Crapanzano (2007CRAPANZANO, Vincent. Orizzonti dell’immaginario. Per un’antropologia filosofica e letteraria. Torino: Bollati-Boringhieri, 2007.) è un’aura che accompagna l’esperienza e resiste all’articolazione, è un confine che demarca un cambio di registro ontologico.

L'arrière-pays è la soglia del possibile; apertura desiderata e temuta che resta sfuggente e costituisce ogni percezione della realtà nel momento stesso in cui la rende insufficiente, rimandando a qualcosa che la supera, un nuovo altro. Crapanzano (2007CRAPANZANO, Vincent. Orizzonti dell’immaginario. Per un’antropologia filosofica e letteraria. Torino: Bollati-Boringhieri, 2007.) propone la nozione di orizzonte immaginativo come categoria di analisi storica, (inter)culturale e psichica, nonché luogo mitizzato e utopico, terra di pura possibilità, di desiderio, distante nello spazio e nel tempo. Questo concetto, come vedremo, sarà messo a frutto nella riproposizione televisiva dell'opera letteraria di Zélia Gattai, attraverso la miniserie. Pertanto, la ricezione o rifigurazione è più vicina all'esperienza dell'immaginario che all'interpretazione, che può solo semanticizzare l'immaginario. Poiché creata da processi di percezione della realtà, qualsiasi opera sarà sempre un'opera immaginata e assumerà una forma fittizia, sinonimo di immaginazione o invenzione. Zélia parte dalla sua percezione della realtà, che avviene direttamente e indirettamente. Osserva il mondo, le idee, le concezioni e, allo stesso tempo, prende coscienza di alcuni fatti in forma indiretta, attraverso i racconti di suo padre e di suo nonno. Pertanto, la situazione reale che ha nella percezione diretta, nella percezione indiretta le viene fornita anche dalla sua immaginazione.

In questo caso, nell'autobiografia, l'immaginazione è uno dei tre processi principali per comprendere la realtà. A ciò si aggiungono l'osservazione e la memoria. Sebbene l'orizzonte e l' andare oltre siano spesso associati al futuro, la memoria è intrecciata in un rapporto con un orizzonte del passato, sempre aperto e incompleto. L'orizzonte della memoria è questione di possibilità inesplorate, e l'incompletezza costitutiva della memoria consente una distanza riflessiva rispetto a ciò che è stato, aprendo l'orizzonte di ciò che avrebbe potuto essere. Così nasce il linguaggio, così nasce anche un testo. Secondo Cesare Segre, filologo e critico letterario italiano, il testo (dal latino textus, tessuto) sviluppa una metafora “in cui sono visibili le parole che compongono un'opera e gli elementi che le uniscono, come se si trattasse di una trama. Questa metafora allude, in particolare, a ciò che è scritto in un’opera” (Segre, 1985SEGRE, Cesare. Testo letterario, interpretazione, storia. In: ROSA, Asor (a cura di) Letteratura italiana. L’interpretazione. Torino: Einaudi, 1985. , p. 28). Se interpretiamo questo in senso più ampio, senza tener conto che Segre parla di parole e di scrittura, possiamo abbracciare un concetto vasto di testo, includendo anche produzioni realizzate con il linguaggio delle arti plastiche, della musica, della pittura, architettura, cinema, teatro, televisione, cioè segni diversi che possono dialogare tra loro attraverso adattamenti del testo di partenza ad un altro mezzo semiotico.

Diversi teorici hanno studiato la complessità dell'adattamento di un sistema di segni a un altro. Questo dialogo coinvolge un multiforme universo di domande in cui agiscono l'autore del testo di partenza, il traduttore-adattatore, il veicolo e i destinatari, prendendo in considerazione non solo il prodotto, come facevano in passato le analisi prescrittive, ma anche il processo. Nella prospettiva contemporanea, la tendenza è quella di considerare l’adattamento come un processo di ricreazione e, in questo senso, il primo teorico a utilizzare la terminologia di traduzione intersemiotica come ricreazione è Roman Jakobson (1896-1983), uno dei più grandi linguisti russi, pioniere dell'analisi strutturale della lingua, della poesia e dell'arte, considerato da Haroldo de Campos il poeta della linguistica. In “Linguística e Comunicação” (2001), Jakobson parla di traduzione intersemiotica, o trasmutazione, che consiste nell’interpretazione di segni verbali attraverso un sistema di segni non verbali, cioè nella trasposizione “da un sistema di segni a un altro, ad es. dall'arte verbale alla danza, al cinema, alla pittura” (Jakobson, 2001JAKOBSON, Roman. Lingüística e comunicação. São Paulo: Cultrix, 2001., p. 72, nostra traduzione)5 5 De um sistema de signos para outro, por exemplo, da arte verbal para a dança, o cinema, a pintura.

Secondo le nuove impostazioni di Jakobson, la traduzione, fino ad allora intesa solo come un processo che coinvolgeva lingue diverse, abbraccia ora un campo che comprende procedure tra territori espressivi diversi, un ambito che comprende l'adattamento di testi letterari al cinema e alla televisione. I metodi di analisi, che riducevano la traduzione alla condizione di trasporre una lingua di partenza in una lingua di destinazione, acquisiscono così una nuova prospettiva. In questo modo la traduzione non è più vista come il risultato di equivalenze o attendibilità rispetto a un testo originale, ma come base di uno studio descrittivo del processo traduttivo. Jakobson è il primo a vedere la trasposizione creativa come l’unica soluzione possibile e libera il processo traduttivo dalla fedeltà all’originale, una preoccupazione centrale dei teorici pionieri nello studio dei processi traduttivi.

Ma ecco che arriva la televisione. In pochi anni le masse che riempivano le sale cinematografiche e le sale radiofoniche si trasformarono in masse di telespettatori […]. La televisione assorbe dal cinema due delle sue tecniche fondamentali: la tecnica del taglio e la tecnica della telecamera continua, o macchina in mano (Pignatari, 1984“ESCREVO nos entreactos e ponho muitos pontos no is”. Jornal Diário Popular, Lisboa, 1984. (Coluna Cultura)., pag. 10, nostra traduzione)6 6 Mas eis que surge a televisão. Em poucos anos as massas que lotavam as salas de cinemas e os auditórios das rádios se transformam em massas de telespectadores [...] A televisão absorve do cinema duas de suas técnicas fundamentais: a técnica do corte e a técnica da câmera continuam ou câmera na mão. .

Fin dai suoi inizi, sia in Brasile che in Italia, la televisione ha prediletto opere letterarie da usare sul nuovo supporto mediatico. Questo cambiamento finisce per portarci indubbiamente a parlare di adattamento, convivenza tra generi e veicoli di comunicazione:

La televisione è un veicolo di veicoli, è un grande fiume con grandi affluenti, ma è un fiume reversibile: riceve e restituisce influenze. Quanto all'immagine, nella televisione confluiscono: disegno, pittura, fotografia, cinema. La parola scritta è un fiume sotterraneo, ma potente; la parola detta è uno specchio d'acqua, è ovunque. Ma il linguaggio fondamentale e sorprendente è la composizione e l'assemblaggio delle immagini (Pignatari, 1984, p.10, nostra traduzione)7 7 A televisão é um veículo de veículos, é um grande rio com grandes afluentes. Só que é um rio reversível: recebe e devolve influências. Quanto à imagem, deságuam na TV: o desenho, a pintura, a fotografia, o cinema. A palavra escrita é um rio subterrâneo, mas poderoso; a palavra falada é um lençol d’água, está por toda parte; mas a linguagem marcante, de base, é a composição e montagem de imagens.

Ci sono autori, come Umberto EcoECO, Umberto. Cine y literatura: la estructura de la trama. Disponibile in: Disponibile in: https://estafeta-gabrielpulecio.blogspot.com/2009/10/umberto-eco-cine-y-literatura-la.html . Accesso: 12 gen. 2024
https://estafeta-gabrielpulecio.blogspot...
, che sconsigliano qualsiasi confronto tra letteratura e adattamento televisivo. Secondo l'autore ci sono tratti che differiscono sostanzialmente. In letteratura l’emozione si costruisce attraverso la semantica - giochi di parole - segni che acquisiscono significati e concetti attraverso la parola scritta. In TV o al cinema, l'immagine comunica direttamente e immediatamente con il pubblico, trasformandosi in risate, lacrime e altre reazioni. In realtà si tratta dell'uso della parola scritta e dell'immagine. Trasporre un'opera da un genere a un altro (da un romanzo a un'opera teatrale o a un film; da un testo drammatico a uno spettacolo teatrale, ecc.), implica il fatto di realizzare un adattamento che avrà sempre come oggetto il contenuto narrativo, ma con differenze talvolta notevoli, mentre la struttura discorsiva subisce una trasformazione radicale.

La traduzione intersemiotica dalla letteratura alla televisione richiede un modo intelligibile e coerente di mettere in relazione il contesto verbale con le forme più appropriate del nuovo linguaggio in cui sarà trasmessa. Per adattamento possiamo quindi intendere una trascrizione del linguaggio, equivalente a una trasposizione della sostanza (Comparato, 1992COMPARATO, Doc. Da criação ao roteiro. Lisboa: Pergaminho, 1992., p. 234) perché, a partire dal riconoscimento che un'opera è espressione di un linguaggio, la transcreazione del suo contenuto in altra forma e con determinati obiettivi, a causa del cambio del mezzo, configura l'adozione di un altro linguaggio, che presuppone un processo artistico di traduzione: “l'adattamento televisivo implica la scelta di un'opera adattabile, cioè che può trasformarsi senza perdere qualità e non tutte le opere si prestano a questo tipo di lavoro” (Comparato, 1992COMPARATO, Doc. Da criação ao roteiro. Lisboa: Pergaminho, 1992., p. 235, nostra traduzione)8 8 A adaptação televisiva implica em escolher uma obra adaptável, isto é, que possa ser transformada sem perder qualidade e nem todas as obras se prestam a esse gênero de trabalho. . In questo senso le somiglianze sono possibili, ma le differenze sono obbligatorie, specifiche per ciascun mezzo, uniche, in quanto prodotti dell'immaginazione di ciascun autore, sia di letteratura che di video.

Un testo letterario, ad esempio, può avere un narratore, ma “un testo audiovisivo normalmente non avrà un soggetto esplicito e potrà utilizzare una voce fuori campo che trascrive il soggetto narrativo in una versione oggettiva” (Bettetini, 1985BETTETINI, Gianfranco. La conversazione audiovisiva: problemi dell’enunciazione televisiva. Milano: Bompiani, 1985., p. 81). Scegliere di sopprimere, aggiungere, modificare il testo letterario trasposto sullo schermo è qualcosa che è direttamente legato all'obiettivo, alle condizioni di lavoro del traduttore e al periodo storico in cui si opera. Riprendere o operare un nuovo taglio in una storia già esistente, significa stabilire un rapporto tra passato e presente, in cui l'opera di partenza diventa materia di un'appropriazione che produce con essa un nuovo valore d'uso.

Pertanto, l’analisi degli adattamenti di un romanzo è condizionata anche dalle circostanze sociopolitiche e storiche di questi adattamenti e anche dalle ideologie attribuite al romanziere e all’adattatore/traduttore. Secondo la studiosa brasiliana Marinyze Prates de Oliveira (2004OLIVEIRA, Marinyze Prates de. Olhares roubados, cinema, literatura e nacionalidade. Salvador: Ed. Quarteto, 2004.) si tratta di trasformazioni diegetiche, trasposizioni di un'azione svolta da uno spazio geografico a un altro o da un tempo all'altro. È importante studiare la fase storica del testo di arrivo per comprendere meglio come avviene la trasposizione, cosa è necessario omettere o modificare dal testo di partenza affinché possa essere comunicato in un'immagine allo spettatore. Perciò, quando parliamo dell’adattamento di un romanzo alla televisione, non ci limitiamo a sostituire il linguaggio verbale con quello non verbale. È una interpretazione/inferenza di segni verbali attraverso sistemi di segni non verbali.

In Brasile, la letteratura vola con personaggi e trame verso la Tv da più di 50 anni. L'arte di adattare testi letterari, ampiamente utilizzata nel cinema, nel teatro e nella radio, trova uno spazio espressivo nella fiction televisiva, nonostante si tratti di espressioni artistiche con differenze strutturali che richiedono processi di lavoro totalmente diversi. In televisione, ad esempio, si lavora collettivamente - lo denuncia l’esistenza stessa di settori e la gerarchizzazione dei professionisti che lavorano su opere teledrammatiche - mentre il lavoro letterario è quasi sempre una realizzazione ed espressione individuale.

Un testo letterario, in genere, almeno negli ultimi secoli, è una produzione individuale, mentre in un programma televisivo, così come nella maggior parte dei programmi di comunicazione di massa, si parla di una équipe creativa, di una produzione congiunta (Reimão, 2004REIMÃO, Sandra. Livro e televisão: correlações. São Paulo: Atelier, 2004., p.108, nostra traduzione)9 9 Um texto literário, em geral, pelo menos nos últimos séculos, é uma produção individual, enquanto num programa de televisão, como na maioria dos programas de comunicação de massa, falamos de uma equipa criativa, de uma produção conjunta.

Ma nasce un rapporto tra i due diversi linguaggi che si costruisce grazie all’esistenza di elementi che contribuiscono ad un dialogo tra di essi. Uno di questi elementi consiste nel fatto che sia la letteratura che la televisione possono essere utilizzate come strumenti pedagogici per l'istruzione popolare e possono trasmettere al lettore/spettatore comportamenti, nuove abitudini, valori, ecc. Sotto l'egida della descrizione dei costumi, della vita quotidiana, del vedersi rappresentato sullo schermo televisivo e dell'interrelazione con la realtà, le soap opera e le miniserie brasiliane svolgono un ruolo estremamente importante nella costituzione del sentimento di nazionalità.

Ruolo dovuto non solo alla sua penetrazione nei diversi strati della società brasiliana, ma anche al trattamento discorsivo, tematico ed estetico che lo caratterizza e che, per molti, è responsabile di un vasto pubblico. La costituzione del sentimento di identità collettiva passa necessariamente attraverso narrazioni letterarie o televisive in grado di creare/mantenere riferimenti comuni - sentimenti e valori - che entrano a far parte della memoria collettiva. La memoria costruita dai mass media viene, quindi, incorporata nella memoria collettiva, componendo un quadro in cui l’ identità individuale si costituisce attraverso esperienze mediate dai mass media, poiché le memorie portate da essi costruiscono un passato comune e consolidano un'identità collettiva.

In questo modo, la televisione si distingue in quanto può creare un sentimento di nazionalità, poiché costruisce/decostruisce meccanismi che permeano la costituzione di discorsi sugli aspetti più diversi della società - sociale, culturale, economico -, dando loro un senso: attribuisce loro valore, li organizza, stabilisce collegamenti, e lo fa anche quando crea contraddizione, negazione e oblio. La televisione si è consolidata negli anni proprio puntando su questa capacità di creare significati, sentimenti e identità. Perciò, oggi l’identità brasiliana prende forma non solo attraverso la letteratura, ma anche, e forse soprattutto, attraverso le immagini viste da milioni di brasiliani sugli schermi televisivi. Questa osservazione ci porta a pensare al linguaggio televisivo nella sua composizione discorsiva, cercando di svelare i meccanismi attraverso i quali esso continuamente costruisce/decostruisce/ricostruisce i significati di identità e nazionalità.

Nel periodo corrispondente al primo decennio della fiction televisiva (dal 1951 al 1963), delle 164 produzioni, circa 95 erano adattamenti letterari, 16 dei quali erano adattamenti tratti da opere di autori brasiliani come José de Alencar, Machado de Assis e Jorge Amado. L'inizio della televisione è quindi la fase in cui si producono più adattamenti letterari. Reimão osserva che questo periodo, in cui la telenovela non è ancora una realtà quotidiana, riflette “la dipendenza del nuovo mezzo e del nuovo formato - tv e telenovela - in relazione a quanto già sperimentato e conosciuto, ovvero la radionovela e i romanzi” (Reimão, 2004REIMÃO, Sandra. Livro e televisão: correlações. São Paulo: Atelier, 2004., p. 19-20).

Oltre alla telenovela, considerata la regina della teledrammaturgia, fanno parte della fiction televisiva brasiliana il cosiddetto unitário, ovvero un prodotto che racconta, in circa un'ora, una storia con un inizio, una parte centrale e una fine; la série, produzione divisa in puntate indipendenti, ma allo stesso tempo collegati tra loro in quanto preservano alcuni elementi - protagonisti, tematiche, luoghi ecc. - ; e infine la miniserie, una narrativa che racconta una storia ininterrottamente, proprio come una soap opera, ma basata su una sola trama centrale e con una durata molto più breve, dato che solitamente non supera i due mesi di messa in onda.

Quest'ultimo formato di fiction televisiva viene ideato all'inizio degli anni '80, quando Rede Globo di Rio de Janeiro possiede 42 stazioni affiliate, con 5.500 dipendenti. Tra le strategie usate per conquistare gli spettatori nell’orario delle ore 22.00, il nuovo formato della miniserie è studiato per catturare l'interesse del pubblico nelle ore tarde. L'emergere di questo formato segna un periodo in cui l'emittente, già organizzata come rete la cui visione attira tutte le classi sociali, cerca di fare nuovi investimenti e sperimentare nuovi formati e linguaggi. La miniserie si caratterizza, quindi, per essere un'opera chiusa perché il testo e l'organizzazione della narrazione sono precedentemente formulati dall'autore, venendo generalmente mostrata dopo che è stata completata, a differenza della telenovela.

Vediamo ora come interagiscono il discorso narrativo e il discorso televisivo nel processo intersemiotico che caratterizza la struttura della miniserie Anarquistas, Graças a Deus che, ridotta a nove puntate da 45 minuti ciascuna, viene trasmessa dal lunedì al venerdì, nella fascia oraria di punta delle ore 22.15, tra il 7 e il 18 maggio 1984, raggiungendo 8,8 milioni di telespettatori. Sotto forma di piccole cronache, la miniserie racconta la vita quotidiana di una coppia di immigrati italiani che vive con i cinque figli e il nonno in un quartiere popolare, con la città di São Paulo come sfondo, negli anni '10 e '20 del secolo XX, con le sue numerose trasformazioni sociali, politiche ed economiche.

“I Gattai sono una famiglia di anarchici, lavoratori pacifici, con idee rivoluzionarie, costumi domestici e sociali improntati alla massima solidarietà umana” afferma lo sceneggiatore Walter Avancini (Oppo, 1984OPPO, Maria Novella. Ora arriva la novela politica. Jornal L’Unità. Roma, p. 12, 1984., p. 12). Angelina è interpretata da Debora Duarte, Ernesto da Ney Latorraca, Zélia da Daniele Rodrigues. La ricostruzione dell'ambiente e dei personaggi italiani è estremamente attenta, mostra abiti e oggetti tipici, usanze, modi di muoversi ecc. L'atmosfera è arricchita da un tono pastello, giallastro e stemperato che allontana nel passato le azioni svolte. Canti e risorse sonore tradizionali contribuiscono alla composizione dell'universo familiare. La colonna sonora del Maestro Julio Medalha, pensata per mantenere i legami con la narrazione, collabora con l'atto del raccontare in modo peculiare, poiché si relaziona perfettamente con l'atmosfera delle scene.

Ci sono vecchie canzoni italiane come Quel mazzolin di Fiori, o classici come il Nabucco, che contribuiscono alla caratterizzazione dei personaggi, affinché lo spettatore possa immergersi e condividere con loro il sapore e la nostalgia della propria terra. Si tratta di brani come Va’ pensiero di Giuseppe Verdi, magistralmente utilizzati in scene importanti come quando, ad esempio, Ernesto parla dell’importanza del valore dell’utopia nella vita. Per quanto riguarda la struttura delle puntate, nei primi due minuti di ogni episodio, la sceneggiatura presenta estratti di film-documentari, che mostrano il panorama politico-culturale che precede e segue le due guerre mondiali, oppure fatti della storia del Brasile, o l'avvento del cinema muto e di altri media, rivelando così la maestria del regista.

Si tratta di materiale raccolto presso la Cinemateca Brasileira, Cinemateca do MAM, Archivio Edgard Leuenroth (Unicamp) e Istituto Luce di Roma, dove la direzione della TV Retequattro decide di associarsi alla produzione della miniserie. Avancini si avvale anche della collaborazione della équipe di Globo Repórter, supervisionato da Eduardo Coutinho, che si avvale di ricerche del Centro di Documentazione Globo. La miniserie mette così in scena le emozioni semplici della vita, ma inserite in un macro-contesto nazionale, a sua volta integrato in quello globale, mostrando come le articolazioni tra mondi intimi e personali e riferimenti extratestuali possano trasformarsi in linguaggio universale.

Tale linguaggio, forse, faceva parte di una strategia artistica di Avancini, poiché la miniserie "era composta da venticinque capitoli già pronti che sono stati poi tagliati e ridotti a nove" (nostra traduzione)10 10 Era composta por vinte e cinco capítulos já prontos que foram depois cortados e reduzidos para nove. , come riferisce l’altro regista Hugo Barreto nell'intervista a noi rilasciata nel 2008. Avancini (apudBiondo, 1984BIONDO, Sonia. Anarquistas, a saga de imigrantes italianos. Jornal O Globo, Rio de Janeiro, p. 17, 1984., p. 17) spiega che “unire questi due linguaggi è una mia idea molto antica, fin dai tempi della telenovela Nina. Il fil rouge però è la vita quotidiana della famiglia Gattai. Gli eventi degli anni ’10 e ’20 non assumono la dimensione di una trama parallela” (nostra traduzione)11 11 Unir essas duas linguagens é uma idéia muito antiga minha, desde os tempos da novela Nina. O fio condutor, porém, é o cotidiano da família Gattai. Os acontecimentos das décadas de 1910 e 1920 não assumem a dimensão de uma trama paralela. . Il regista, ogni volta che trova materiale disponibile e una situazione pertinente, fa quindi piccoli inserimenti documentaristici lungo le puntate, unendo immagini attuali a scene tratte da documentari dell'epoca, rafforzando il rapporto tra realtà, filmografia e ricostruzione drammatica. Il risultato è un dialogo costante tra i personaggi degli stralci dei documentari, anonimi o noti, catturati in bianco e nero, e gli artisti che interpretano la famiglia Gattai. L'utilizzo di estratti documentari, oltre ad arricchire la miniserie, rende ogni puntata a tema e indipendente l’una dall’altra. L'emergere del problema nella puntata si svilupperà e verrà risolto alla fine della puntata stessa. Quindi, verranno presentate le scene del capitolo successivo, piccole rivelazioni che servono a tenere agganciato lo spettatore alla narrazione.

Tutta la nostra attenzione, nella miniserie, è rivolta al personaggio Zélia, ma, rispetto al libro, notiamo una differenza fondamentale: nella miniserie, la protagonista è la famiglia Gattai, all'interno della quale si trova il personaggio Zélia. Secondo Bettetini (1985BETTETINI, Gianfranco. La conversazione audiovisiva: problemi dell’enunciazione televisiva. Milano: Bompiani, 1985., p. 67), “il testo letterario può avere un narratore, ma il testo audiovisivo può non avere la spiegazione di un argomento e può ricorrere ad una voce fuori campo”. Così, la voce fuori campo trascrive Zélia, il soggetto narrativo, in una versione oggettiva. I personaggi principali sono Angelina, Ernesto e la famiglia Gattai. Nell'opera letteraria, al contrario, è evidente la voce dell'autrice che racconta in prima persona le esperienze sue e della sua famiglia, e inizia il libro parlando di sé.

La differenza si nota ad esempio, se confrontiamo l'apertura del primo capitolo della miniserie con le pagine del libro. Il testo letterario inizia con il brano riportato di seguito, e prosegue ricordando come va la ricerca di quella casa:

Sono nata, cresciuta, ed ho vissuto parte della mia adolescenza in una grande casa antica, al numero 8 di Alameda Santos. Ernesto Gattai, mio ​​padre, prese in affitto la casa nel 1910; una casa spaziosa, anche se tutt’altro che confortevole. Trovarla fu un colpo di fortuna, era esattamente quello che lui cercava: una casa vasta per la famiglia che andava crescendo con in più, cosa importantissima, fondamentale, che per lui rappresentava il massimo della convenienza, l’enorme capannone, una ex scuderia a fianco della casa con possibilità di ingresso da due strade: Alameda Santos e Rua da Consolação. Lì avrebbe installato la sua prima officina meccanica. Una posizione ideale! (Gattai, 2000GATTAI, Zélia. Anarchici grazie a Dio. Milano: Sperling & Kupfer, 2000. (Collana “Continente Desaparecido”)., p. 5)

Il primo capitolo della miniserie, invece, si apre con una fotografia di tutti i personaggi, mentre una voce fuori campo maschile dice “Angelina, Ernesto, Remo, Tito, Wanda, Vera, Zélia. La famiglia Gattai viveva il suo piccolo e bellissimo universo in un mondo di grandi trasformazioni all’inizio del XX secolo a Sãn Paolo”. La miniserie rende molto chiara la sua intenzione di mettere in mostra una voce corale, un gruppo protagonista della fiction.

Inizialmente l'ambientazione documentaristica mostra l'Italia: immagini di umili persone in attesa di una nave al porto, ove si respira povertà e tristezza. Una voce femminile fuori campo racconta le principali fasi dell'emigrazione italiana in Brasile all'inizio del XX secolo, ricordando una frase che un anonimo emigrante avrebbe hanno detto ad un ministro italiano:

“Che cosa intende per Nazione, signor Ministro? È la massa degli infelici? Piantiamo e raccogliamo il grano, ma non assaggiamo mai il pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Nonostante ciò, ci consiglia di non abbandonare la nostra patria? Ma la patria è una terra dove non si può vivere del proprio lavoro?” (Anarquistas, Graças a Deus, Miniserie, I Puntata, 2008ANARQUISTAS, Graças a Deus. Direção geral: Walter Avancini. Adaptação: Walter George Durst. Intérpretes: Débora Duarte, Ney Latorraca, Marcos Frota, Daniele Rodrigues. Rio de Janeiro: Globo Marcas/Som Livre, 2DVD color, 2008. )12 12 Que entendeis por uma Nação, Senhor Ministro? É a massa dos infelizes? Plantamos e ceifamos o trigo, mas nunca provamos pão branco. Cultivamos a videira, mas não bebemos o vinho. Criamos animais, mas não comemos a carne. Apesar disso, vós nos aconselhais a não abandonarmos a nossa Pátria? Mas é uma Pátria a terra onde não se consegue viver do próprio trabalho?

Poi viene mostrato il Brasile: immigrati, coltivatori nelle piantagioni di caffè, ragazzi che lavorano nelle fabbriche e la voce fuori campo racconta come sono nati i quartieri operai, la fatica del lavoro, le lotte per i diritti sociali e la dottrina anarchica.

Nel 1906, la dottrina anarchica era maggioritaria nel movimento operaio. Le leghe e i sindacati presentarono spettacoli teatrali, canti, balli e convegni in cui si discuteva di scioperi. La città di São Paulo, a causa di uno sciopero, è rimasta ferma per una settimana (Anarquistas, Graças a Deus, Miniserie, I Puntata, 2008ANARQUISTAS, Graças a Deus. Direção geral: Walter Avancini. Adaptação: Walter George Durst. Intérpretes: Débora Duarte, Ney Latorraca, Marcos Frota, Daniele Rodrigues. Rio de Janeiro: Globo Marcas/Som Livre, 2DVD color, 2008. )

Alla fine della scena, la telecamera in campo medio mostra Angelina/Déborah per cinque secondi in un teatro, vestita da uomo, con un berretto. La musica Va’ Pensiero di Giuseppe Verdi sottolinea le sue parole. Lei, davanti a un umile pubblico, recita un testo intitolato Lo Straniero, in un mistura di lingua portoghese e dialetto italiano:

“Sapete chi sono io? Lo straniero. Sono venuto a mostrare il paese della felicità, [...] dove la terra è per tutti. Nessuno armato, la guerra abolita, gli uomini fratelli, le donne compagne e mogli. Dove il lavoro è l'unica ragione di nobiltà, dove l'unico vincolo è l'Amore, l'unica legge è la libertà” (Anarquistas, Graças a Deus, Miniserie, I puntata, 2008ANARQUISTAS, Graças a Deus. Direção geral: Walter Avancini. Adaptação: Walter George Durst. Intérpretes: Débora Duarte, Ney Latorraca, Marcos Frota, Daniele Rodrigues. Rio de Janeiro: Globo Marcas/Som Livre, 2DVD color, 2008. ).13 13 Sabem que eu sou? Lo straniero. Eu vi para mostrar onde fica o país da felicidade, onde a Terra é para todos. Ninguém armado, a guerra abolida, os homens irmãos, a mulher companheira e esposa. Onde o trabalho é la única razon de nobreza, onde o único vinculo é o Amor, a única lei a liberdade.

Lo spettatore ora sa che sta assistendo ad una riunione di lavoratori. Nell'opera letteraria la scena del teatro operaio non esiste, ma Avancini e Durst, attraverso la realizzazione di questa scena, riescono ad anticipare con chiarezza il clima politico e il carattere dei due personaggi: Angelina, operaia forte e volitiva donna, ed Ernesto, dal carattere appassionato e sognatore, sono uniti dagli stessi ideali.

A partire da questo esempio, è già possibile affermare che l'opera, adattata per la televisione, crea una nuova forma-contenuto, una meta-creazione. Secondo Julio Plaza (2001PLAZA, Julio. Tradução intersemiótica. São Paulo: Perspectiva, 2001., p. 14), “la creazione di un nuovo linguaggio può non mirare semplicemente a un'altra rappresentazione della realtà o di contenuti preesistenti in un altro linguaggio”14 14 Na criação de uma nova linguagem não se visa simplesmente uma outra representação de realidades ou conteúdos preexistentes em outras linguagens. . Allo stesso tempo, il significato, il parametro semantico, secondo Haroldo de Campos (1992), sarà solo il contrassegno che delimita il luogo del ri-creare. Le scene di cui abbiamo parlato finora non presentano, in realtà, cambiamenti significativi nel carattere dei personaggi presentati nell'opera letteraria, ma, al contrario, ne esaltano il lato passionale.

Come vengono presentati fisicamente gli italiani dell’epoca? La maggior parte degli uomini porta i baffi, indossa cappello, gilet e si veste con modestia. Le donne appaiono sempre con un bambino in grembo, vestite con gonne lunghe, con i capelli raccolti, con abiti tipici dei contadini italiani dell'epoca. Uomini e donne hanno dignità negli occhi e gesticolano molto. Gli stessi Ernesto e Angelina vengono presentati in questo modo. Persone semplici, ma attente al proprio aspetto e con passioni musicali. È importante ricordare qui che dal punto di vista musicale, l’Opera è un forte elemento di identificazione nazionale italiana, un patrimonio culturale che nel XVII secolo lasciò le classi abbienti e si diffuse tra le classi meno privilegiate. Giunse anche tra gli immigrati. Ernesto trasferisce questa passione dell’Opera ai figli, perché è un uomo innamorato della musica, nonché un marito innamorato di Angelina, pronto a condividere con lei la quotidianità della casa, i suoi ideali, la tristezza e la gioia.

Il valore dell'unità comunitaria e familiare, come fattore di equilibrio in una società straniera, è espressa in diversi dialoghi. ​ Il ruolo di Angelina si trasforma nelle nove puntate. Conosciamo il personaggio come un'operaia coinvolta nell'attività politica anarchica, una donna sognatrice e forte. Una volta sposata non si sottomette al marito, ma smette di lavorare e si occupa dell'educazione dei cinque figli, della casa e dei problemi quotidiani. Il suo carattere rimane lo stesso; trasferisce i suoi ideali politici alla famiglia, nel modo in cui educa i figli. Un trattamento importante viene riservato, poi, al cibo e al pranzo come momento sacro di comunione familiare. Molti piatti vengono ricordati nella miniserie: pasta, ragù, funghi secchi, radicchio fritto, tutti piatti tipici italiani. Il carattere dell'italiano sognante, caparbio, solidale, fedele ai suoi ideali politici, con un grande amore per il lavoro, amante del buon cibo e della buona musica, che crede nel valore della famiglia e nell'amore per i figli, è un immigrato che può dare il proprio contributo allo sviluppo della nuova patria che lo ha accolto.

Angelina, con la sua consapevolezza politica, arricchisce il ruolo assegnatole. Da parte sua, Ernesto ha la responsabilità di mostrare il valore di un modello sociale basato sul rispetto della sua famiglia e della moglie. È responsabile e gentile, socievole e sicuro. Ciò che colpisce della rappresentazione dei coniugi Gattai, nella miniserie, è lo straordinario equilibrio tra i due personaggi, sia nel carattere che nel modo in cui affrontano i conflitti: l'accordo tra loro, la risoluzione dei problemi quotidiani, la felicità raggiunta o “custodita” da loro e dai figli alla fine di ogni puntata.

In questo modo, la miniserie finisce per mostrare che l’armonia, la cooperazione e la risoluzione di ogni conflitto iniziano nella famiglia - intesa come unità di persone che interagiscono, ciascuna con il suo ruolo -. Se la società è conflittuale, la comunità italiana è solidale. Viene proposta l'immagine di una famiglia equilibrata, i cui membri risolvono gli ostacoli attraverso l'unione. La miniserie, quindi, delimita i personaggi in base ad archetipi, modelli all'interno dei quali si muovono fluidamente. Nell’ opera letteraria, Zélia Gattai è attenta a ricreare e approfondire il carattere degli italiani del sud e del nord, diversi anche nei cibi e nei dialetti. Questo non è presente nella miniserie, in quanto, ad esempio, Ernesto (di origini toscane) e Angelina (di origini venete) parlano ambedue in dialetto veneto. Ciò che conta è, secondo la lettura qui intrapresa, presentare lo stereotipo, le persone con le caratteristiche principali, senza evidenziare i dettagli.

L'anarchismo è un tratto importante che permea l’intera miniserie. Sono molti i dialoghi in cui si parla di anarchismo e, in particolare nei primi capitoli, si entra nel clima di protesta della città di São Paulo. Nel primo capitolo c'è una scena in cui Ernesto cammina con il padre Francesco, mentre ricorda al figlio che loro, anarchici, sono i più pacifici del mondo”. Questo è anche il caso della scena in cui Ernesto e Angelina stanno facendo un giro in tram, quando arrivano gli anarchici a distribuire volantini di protesta. Sono testi che propongono un mondo migliore, un mondo dove tutti abbiano gli stessi diritti. Così, quando a casa Gattai arriva Maria Negra, che sarà la tata di Zélia, Ernesto le vieta di pranzare in cucina dicendo ad alta voce che in quella casa nessuno pranza in cucina, si pranza tutti insieme. O quando la stessa Angelina vuole che Maria Negra impari a leggere.

Considerando che molte delle memorie non vengono trasposte in televisione, ci sembra che l'obiettivo della miniserie, in relazione all'immigrazione italiana, non sia tanto quello di ricordare l'origine dell'emigrazione, quanto voler descrivere in che maniera la comunità italiana vive e si adatta al contesto della nuova patria, sottolineando il carattere e i costumi di questa comunità. Nella caratterizzazione dei personaggi principali, i valori che emergono maggiormente sono quelli della famiglia, del lavoro come mezzo di dignità, ma anche della coscienza politica nel senso di fermezza e coerenza. Nello sviluppo del personaggio Zélia, oltre agli episodi sul cinema e uno sul cucciolo Flox, la miniserie tralascia elementi che, invece, ritroviamo nel libro: la lettura, la scuola e alcuni momenti intensi che segnano la sensibilità di Zélia, come la morte della piccola amica Zina.

Attraverso la strutturazione delle puntate, la miniserie mette in risalto circostanze, lasciandone indietro altre, il tutto condizionato dal contesto sociale e storico della produzione, dell'adattatore/traduttore e del pubblico. Secondo la studiosa Marinyze Prates de Oliveira si tratta della trasposizione di un'azione da un'epoca all'altra. Anche il finale della miniserie ha attirato la nostra attenzione, in relazione al libro. Vale la pena ricordare che, pur riconoscendo congiunzioni e disgiunzioni, riconosciamo che la fine della miniserie è un'efficace ricreazione della fine dell'opera letteraria. Il libro si conclude così: “Ma quando mi trovai di fronte alla realtà dei fatti: la nostra vecchia casa demolita, gli alberi abbattuti, il cavalluccio di arenaria, […], mi si strinse la gola e piansi (Gattai, 2000GATTAI, Zélia. Anarchici grazie a Dio. Milano: Sperling & Kupfer, 2000. (Collana “Continente Desaparecido”)., p. 276). Nella miniserie, invece, l’anarchico Oreste Ristori saluta Ernesto dicendo: “L’anarchismo non finisce mai. Ci vedremo alla Lega Lombarda per lottare contro il fascismo” (Anarquistas Graças a Deus, miniserie, IX puntata, 2008ANARQUISTAS, Graças a Deus. Direção geral: Walter Avancini. Adaptação: Walter George Durst. Intérpretes: Débora Duarte, Ney Latorraca, Marcos Frota, Daniele Rodrigues. Rio de Janeiro: Globo Marcas/Som Livre, 2DVD color, 2008. ). Uno stralcio di documentario presenta l'esecuzione di Sacco e Vanzetti, la crisi degli anni '30 e la sconfitta di Getúlio Vargas. La voce fuori campo maschile introduce, come nella puntata iniziale, i personaggi della famiglia Gattai e, successivamente, abbiamo un primo piano della casa: “Zélia e la famiglia Gattai non potevano immaginare che il mondo stesse andando verso un’altra guerra, più sanguinosa della precedente. […] Adesso Zélia, la più piccola, può voltarsi e raccontare i suoi ricordi” (Anarquistas Graças a Deus, miniserie, IX puntata, 2008ANARQUISTAS, Graças a Deus. Direção geral: Walter Avancini. Adaptação: Walter George Durst. Intérpretes: Débora Duarte, Ney Latorraca, Marcos Frota, Daniele Rodrigues. Rio de Janeiro: Globo Marcas/Som Livre, 2DVD color, 2008. ).15 15 Zélia e a família Gattai não imaginavam que o mundo caminhava para outra guerra, mais sangrenta que a anterior. […] Agora Zélia, a caçula, pode virar-se e contar as suas memórias.

In primo piano, Zélia appare seduta nell'auto che condurrà la famiglia in una nuova abitazione. Lei si volta e guarda la casa dove è nata, mentre l'auto si allontana dalla telecamera. Questo movimento dell'auto può essere pensato come una metafora che rappresenta la vita lasciata alle spalle, il tempo antico che rimarrà come tempo ideale, secondo il concetto di arriére pays di Crapanzano. Nella sequenza finale, Zélia e la famiglia si trasferiscono in un tempo futuro. Nella sequenza Zélia continua a guardare la casa: il primo piano della telecamera è su di lei. Avancini qui usa la fusione, sovrapponendo la scena dello sguardo di Zélia con la ruota di scorta appesa dietro l'auto. Sembra che la bambina Zélia, attraverso una lente d'ingrandimento, guardi ad un tempo che non tornerà mai più, ma che saprà ricreare attraverso la sua lente, ovvero l’opera memoriale. Così lo sceneggiatore, nel ricreare il finale dell'opera letteraria, l'arricchisce con una scena che è metafora della Memoria, quella Memoria di cui Zélia Gattai continuerà sempre a nutrirsi, per scrivere altre preziose opere letterarie.

Referências

  • ANARQUISTAS, Graças a Deus. Direção geral: Walter Avancini. Adaptação: Walter George Durst. Intérpretes: Débora Duarte, Ney Latorraca, Marcos Frota, Daniele Rodrigues. Rio de Janeiro: Globo Marcas/Som Livre, 2DVD color, 2008.
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  • SILVA, Jorge E. O nascimento da organização sindical no Brasil e as primeiras lutas operárias Rio de Janeiro: Achiamé, 2000
  • 1
    A partir de 1870, a imigração no Brasil contribui decisivamente para aumentar o número de trabalhadores estrangeiros, mão-de-obra conveniente para a nascente indústria. Chegaram também muitos trabalhadores anarquistas que, pela sua consciência social e experiência de luta, contribuíram para a criação de organizações operárias e sindicais apoiadas por uma combativa imprensa social. O percentual dos trabalhadores de origem estrangeira, no caso de São Paulo, chegou a ser de 90%. As organizações dos trabalhadores obtiveram vitória no campo econômico, como aumento de salários, redução de horário de trabalho, maior segurança, limitação de trabalho infantil. Os anos 1920 foram, porém, desastrosos para o movimento operário, porque, durante o governo de Arthur Bernardes, a repressão foi intensificada.
  • 2
    Foi graças a meu pai que compreendi o que era um mundo socialista, um mundo de paz, livre das injustiças. Assim, Luís Carlos Prestes, que em seu cavalo atravessava o Brasil, à frente da heróica Coluna Prestes, foi o Robin Hood da minha infância.
  • 3
    Se meus pais estivessem vivos, considerariam muito audacioso escrever um livro. Na verdade, minha mãe sempre me chamou de atrevida. Achei que ela não cuidava muito de mim, que gostava mais dos outros filhos, que não tinha o mesmo carinho por mim. Escrever este livro foi fundamental para encontrar minha mãe, pois até então só existia meu pai, o melhor homem do mundo, bom, honesto. Quando comecei a escrever o livro percebi que minha mãe sabia que eu tinha uma estrela me guiando. De repente descobri que ela era formidável.
  • 4
    Pode-se definir o auto-relato como um locus privilegiado do encontro entre a vida íntima do indivíduo e sua inscrição na história social e cultural originando-se assim uma autobiografia. A autobiografia, ao tornar-se discurso narrado pelo sujeito, autor e protagonista, instaura sempre um campo de renegociação e (re)invenção identitária.
  • 5
    De um sistema de signos para outro, por exemplo, da arte verbal para a dança, o cinema, a pintura.
  • 6
    Mas eis que surge a televisão. Em poucos anos as massas que lotavam as salas de cinemas e os auditórios das rádios se transformam em massas de telespectadores [...] A televisão absorve do cinema duas de suas técnicas fundamentais: a técnica do corte e a técnica da câmera continuam ou câmera na mão.
  • 7
    A televisão é um veículo de veículos, é um grande rio com grandes afluentes. Só que é um rio reversível: recebe e devolve influências. Quanto à imagem, deságuam na TV: o desenho, a pintura, a fotografia, o cinema. A palavra escrita é um rio subterrâneo, mas poderoso; a palavra falada é um lençol d’água, está por toda parte; mas a linguagem marcante, de base, é a composição e montagem de imagens.
  • 8
    A adaptação televisiva implica em escolher uma obra adaptável, isto é, que possa ser transformada sem perder qualidade e nem todas as obras se prestam a esse gênero de trabalho.
  • 9
    Um texto literário, em geral, pelo menos nos últimos séculos, é uma produção individual, enquanto num programa de televisão, como na maioria dos programas de comunicação de massa, falamos de uma equipa criativa, de uma produção conjunta.
  • 10
    Era composta por vinte e cinco capítulos já prontos que foram depois cortados e reduzidos para nove.
  • 11
    Unir essas duas linguagens é uma idéia muito antiga minha, desde os tempos da novela Nina. O fio condutor, porém, é o cotidiano da família Gattai. Os acontecimentos das décadas de 1910 e 1920 não assumem a dimensão de uma trama paralela.
  • 12
    Que entendeis por uma Nação, Senhor Ministro? É a massa dos infelizes? Plantamos e ceifamos o trigo, mas nunca provamos pão branco. Cultivamos a videira, mas não bebemos o vinho. Criamos animais, mas não comemos a carne. Apesar disso, vós nos aconselhais a não abandonarmos a nossa Pátria? Mas é uma Pátria a terra onde não se consegue viver do próprio trabalho?
  • 13
    Sabem que eu sou? Lo straniero. Eu vi para mostrar onde fica o país da felicidade, onde a Terra é para todos. Ninguém armado, a guerra abolida, os homens irmãos, a mulher companheira e esposa. Onde o trabalho é la única razon de nobreza, onde o único vinculo é o Amor, a única lei a liberdade.
  • 14
    Na criação de uma nova linguagem não se visa simplesmente uma outra representação de realidades ou conteúdos preexistentes em outras linguagens.
  • 15
    Zélia e a família Gattai não imaginavam que o mundo caminhava para outra guerra, mais sangrenta que a anterior. […] Agora Zélia, a caçula, pode virar-se e contar as suas memórias.

Edited by

editor-chefe:

Rachel Esteves Lima

editores executivos:

Anderson Bastos Martins
Cássia Lopes
Jorge Hernán Yerro

Publication Dates

  • Publication in this collection
    26 Aug 2024
  • Date of issue
    2024

History

  • Received
    23 Feb 2024
  • Accepted
    03 May 2024
Associação Brasileira de Literatura Comparada Rua Barão de Jeremoabo, 147, Universidade Federal da Bahia, Instituto de Letras, Salvador, BA, Brasil, CEP: 40170-115, Telefones: (+55 71) 3283-6207; (+55 71) 3283-6256, E-mail: abralic.revista@abralic.org.br - Porto Alegre - RS - Brazil
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